Il peso del postmoderno

Che cosa dice il sogno della notte più lunga del meticcio italiano? Niente notte della veglia dei Finnegan, in Italia. Gli unici pasticciacci sono quelli di Gadda e di Camilleri. Pasticciacci da salotti. Infatti, Ombre Rosse e Ombre Nere costituiscono il pasticcio che più piace agli italiani Bianchi di Sinistra. Con occhio massonico il meticcio italiano guarda il mondo.
Il romanzo buonista postmoderno italiano rappresenta il peso del romanzo postmoderno messo a nudo, che però ne evidenzia l’aspetto fondamentale: cioè la nudità che lo veste.
In Italia i romanzi postmoderni dell’Eco lumacone hanno il merito di far luce, una volta per tutte, sul profondo senso di colpa che pervade ogni aspetto della triste vita del meticcio italiano. Permettono di rivedere la letteratura italiana, e non solo. Nella letteratura, nella politica, e poi in ogni aspetto della vita quotidiana, il meticcio italiano rivela un forte senso di colpa che dirige e pervade infatti i suoi tanti gesti miseri e volgari. È come se il meticcio italiano si riconoscesse da sempre irretito in una situazione angosciosa, dalla quale egli si è più volte risvegliato, passando da un accenno di incubo a un dormiveglia subdolo e colpevole, ma situazione dalla quale egli è ben conscio di averne sempre tratto profitti enormi, costanti e casuali – da qui il suo bisogno finale di espiazione.
È evidente che, in queste condizioni, il meticcio italiano debba volgersi verso gli strati sociali e le parti del mondo che più si dibattono per tentare di sopravvivere. E che debba pensare di dedicare a loro il suo discorso-manifesto, celato nelle spoglie di un romanzo strategicamente postmoderno. Egli può pensare così che da quelle plaghe arrivi infine a lui la chiamata. Ma chi chiama il meticcio italiano? Chi mai ha interesse a chiamarlo? Il meticcio italiano è ben diverso dal tormentato meticcio slavo, che almeno ha avuto il suo Dostoevskij. È però qui in gioco un meccanismo testardo, testardo come il meticciato, che in parte soddisfa – e in parte inchioda – il senso di colpa del meticcio italiano. Si è mai notato che ogni cosa che fa il meticcio italiano deve rispondere a una domanda del tipo: “Cosa hai fatto, tu, per impedire questo sopruso? e cosa pensi di fare ora, tu, che ne sei a conoscenza?” È questa ansia di bilanci che rende tanto falsa e pesante la letteratura del meticcio italiano. Letteratura sempre soppesata sul bilancino. Ma solo perché non si ha a fuoco il personaggio da cui tutto parte: il meticcio italiano, personaggio picaresco a tutto sfondo. Peccato che l’Italia non abbia avuto una letteratura picaresca, anziché pittoresca, come più o meno ha avuto. E peccato non abbia avuto un Dostoevskij. Ma poteva, l’Italia, avere una letteratura? Penso proprio di no!
La questione è: da dove proviene il senso di colpa del meticcio italiano? In che cosa può esso consistere? C’è qualcosa che il meticcio italiano sa e che lo tormenta? Se sapesse di non essere un europeo e di non avere diritto di stare in Europa? Se sapesse che tutta la sua storia, così fraudolentemente messa insieme, è un imbroglio? Il meticcio italiano rappresenta la comparsa aggiornata dell’uomo più brutto nella catena del ritorno, secondo quanto si legge sull’eterno ritorno nello Zarathustra. Il meticcio italiano sa di dover tornare in eterno nella catena delle ingiustizie e sa di essere parte integrante di questa ingiusta catena. Per questo il meticcio italiano è quell’essere che, nella letteratura, medita, macina e sputa infinita tristezza. Se il meticcio italiano sapesse che non potrà mai andarsene dal luogo dove non ha nessun diritto di stare, e se proprio questo fosse il suo pensiero più colpevole?

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