Romanzo e parabola

Come certi paesaggi nordici – sublimi sotto il sole di ghiaccio di una tarda estate artica – certi azzardi della teoria dell’arte della narrazione sembrano prendere l’aspetto del corpo di una bellissima donna fatto a pezzi e lanciato nel mare più calmo del mondo, quello del Sacro Nord, nel mistero dell’incanto della notte sospesa, quando tutto ciò che è in quel mondo sembra chiedere soltanto l’occhio di un grande e nuovo artista, tanto perfetto nella sua arte quanto nel suo isolamento, per rendere grazie a Dio per la bellezza del mondo.

Con il romanzo realista, il romanzo si pone come una sofisticata arte della rappresentazione dello scacco che colpisce l’individuo durante tutta la sua parabola di vita desolata. Solo con il romanzo realista, infatti, il romanzo si definisce come un’arte delle piccole, infinite, deprimenti unità discrete. Meglio sarebbe chiamare il romanzo realista “il romanzo dell’individuo”, poiché è solo in questa fase che il romanzo si pone come storiografia del fenomeno dell’individuo, ormai assurto stabilmente a tipo dotato di una parabola organica. È appunto in mezzo a questo insieme che insiste il “realismo”. Così il realismo tende a identificarsi con ciò che è adesso immediatamente e puntualmente riscontrabile nella realtà. La condizione del protagonista del romanzo realista comporta la stessa condizione dell’individuo descritta da Heidegger in Essere e tempo.
Se il romanzo ha avuto la sua nascita nell’ambito di una simulazione della storiografia, il romanzo ridotto a storiografia del puro fenomeno “individuo” mostra la desolante parabola di tutto l’individuo, che da una nascita casuale traghetta verso una morte inevitabile. Nel romanzo realista manca proprio l’aggancio con la grande storia. Tutta la storia narrata nel romanzo realista si riduce a storia di un piccolo individuo. Il romanzo orchestra una quantità di piccoli fatti, meschinerie, sconfitte quotidiane, che accompagnano sempre l’individuo sullo sfondo dello scacco sonoro finale che non può essere evitato: la morte.
Per una diversa teoria del romanzo (ma di una teoria ormai del tutto in via di essere dimenticata) bisogna rivolgersi al Meister di Goethe e all’Estetica di Hegel.
Joyce e Musil sono stati i due romanzieri della modernità che più di tutti hanno cercato di svincolare il romanzo dalla parabola dell’individuo.
Joyce lo ha fatto attraverso il mito, Musil attraverso la saggistica.
Rimane il problema fondamentale, che nel romanzo riguarda la posizione dell’individuo. Quattro forme diverse appaiono essere state praticate:
 – Il romanzo nasce come una finzione della storiografia; l’individuo non occupa la posizione di soggetto: è la fase iniziale del romanzo.
 – Il romanzo diventa il punto di vista del soggetto, e il soggetto sfuma nella fenomenologia esistenzialista della vita quotidiana: è il romanzo realista.
 – Il romanzo accetta l’individuo come suo perno, ma lo utilizza in quanto punto di fuga verso il mito (Joyce) o verso la filosofia (Musil).
 – Il romanzo accetta l’individuo, ma lo spoglia della verità esistenzialista e lo considera come “pedina di gioco” dell’impacciato gioco dell’oca zoppa: è la possibilità del romanzo post-moderno.

Il romanzo è la rotabile che a poco a poco si disperde negli intricati deserti artificiali della modernità. È un peccato che Heidegger non abbia affrontato la struttura del romanzo così come ha affrontato la poesia.

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