Mendelssohn e Mahler

Nella musica di Mendelssohn e di Mahler c’è qualcosa di stranamente simile: un qualcosa che il termine superficialità può rendere. La musica è bella, convincente, ma è superficiale; si sente che manca di profondità.
Gli scherzi delle sinfonie di Mendelssohn riassumono appieno il misto di superficialità ed eleganza musicale. C’è maestria, arte della rappresentazione in tutti e due… ma qualcosa manca.
Una definizione possibile della musica di Mahler permette forse di comprendere quella di Mendelssohn: una musica troppo “profumata” per essere profonda.

Suonare il vuoto

Tutta la settima sinfonia di Mahler tende al rondò finale come movimento in grado di completarla perfettamente. Prima di Mahler, solo Haydn riusciva a scrivere sinfonie perfettamente concluse da un rondò.
C’è però un vuoto. Che tipo di vuoto? Tutti i movimenti sembrano abbozzare un tema che, di volta in volta, non viene mai esplicitamente fatto suonare.
Il movimento meno coinvolto in questa costruzione è il primo, che si basa su un tema di marcia. Il movimento dove più questa soluzione viene fatta suonare è il rondò finale. Infatti la sinfonia ha la sua logica e perfetta conclusione nel rondò finale.
Nella musica possono identificarsi diversi tipi di vuoto. Quello più pacchiano è rivelato nella Estetica di Hegel, nella forma di un giudizio sulla musica di Rossini. Questo giudizio suona: “puro solletico per l’orecchio”. È il tradimento della musica. L’uso indebito del dono musicale fatto agli uomini. La settima sinfonia di Mahler fa suonare il vuoto in un altro modo. Come impossibilità di determinare un tema con precisione. La sinfonia rimanda allora alla definizione di “tema” musicale e a ciò che c’era, nella musica, prima che, nella musica, ci fosse il vuoto. Questo tipo di vuoto. Ma che tipo di vuoto è questo vuoto?
La settima sinfonia di Mahler procede verso il riconoscimento del vuoto tra i vari componenti musicali che dovrebbero far suonare un tema nella sua integrità. Questa situazione di base è già stata riconosciuta.
Peter Revers ha notato che lo Scherzo si costruisce sulla dissociazione delle strutture tematiche e motiviche: c’è come il tentativo, da parte di alcune cellule ritmiche, di creare un tema, che però fallisce. Questo, secondo Revers, è un tratto comune delle ultime sinfonie di Mahler. Adorno vi riconosce un collasso delle strutture musicali. Più lontano nel tempo, continua Adorno, questa dissoluzione del tema può essere intravista già in Beethoven (dissociazione tra schema ritmico e tema vero e proprio, ad es. nella settima sinfonia). In Mahler questa dissociazione prende l’aspetto di una marcia senza interruzione (nel primo movimento), mentre nel rondò si manifesta in un modo meno definibile. Qui, infatti, ci sono diversi elementi che sembrano appartenere allo stesso insieme, ma questo insieme non costituisce mai un modulo musicale unico riconoscibile come tema, e tutta la musica suona così un vuoto tra quelle parti che proprio dovrebbero comporre l’insieme.
Alcune considerazioni:
Il tema non è più ciò che esprime la musica, ma ciò che la musica mette in scena: da soggetto del fare musicale, il tema diventa oggetto di questo fare.
La settima sinfonia di Mahler ha anche questo di particolare: rimpiange il tema.
Il quinto concerto di Beethoven evita il tema.
Partire dal concetto di musica tematica. La musica atematica è solo la musica prima di quella tematica. Alla fine della musica tematica c’è il rimpianto per il tema: il vuoto che si intravede.
Rimane un fatto: la differenza tra la musica vuota di Rossini e il vuoto suonato nella settima sinfonia di Mahler.
Gli Italiani sono Ebrei senza intelligenza.
Considerare le sinfonie di Mendelssohn. Un altro tipo di vuoto. Bozzetti effervescenti.
Il rondò della settima di Mahler allude a una musica che non c’è più. Tutti gli abbozzi iniziali di temi sembrano alludere a temi nel momento in cui il tema non c’è più.
È possibile un modo di scrivere (ad es. un romanzo) che usi la stessa tecnica della “musica che non c’è più”, almeno come compare nel rondò della settima di Mahler.

Peter Revers, The Seventh Symphony, in Donald Mitchell & Andrew Nicholson [Edited by], The Mahler Companion, Oxford University Press, Oxford 2002, pp. 376-399.

Can-can golemico

In Šostakovič il can-can è sempre dietro l’angolo. Lo dimostra, fra l’altro, l’Allegro della Decima sinfonia. È una musica che ha del pagliaccio. Il Golem che avanza a passo di can-can.
Solo musica d’effetto, niente sostanza. Ricordare quello che diceva Adorno sull’Adagetto di Mahler.
Musica sfiatata. Ma certamente Šostakovič, con la sua musica, continua qualcosa che è già nella musica di Čajkovskij. Si pensi, ad es. alla quinta sinfonia.

Un’arte nichilista

La musica è un’arte nichilista. In nessuna altra arte si può esprimere un impulso nichilista così efficace e convincente come nella musica. (Ricordare quello che diceva Mishima.)
Qualcosa lega l'”Allelujah” del Messiah al rondò della nona sinfonia di Mahler.
Bachtin: la musica gira intorno alle parole, ma più le affronta, più la musica le fa esplodere. Bachtin vedeva nella polifonia letteraria la possibilità di inglobare più parole in una sola parola di personaggio; ma la musica dissolve la parola. In ogni occasione, anche attraverso la polifonia.
Il concetto di “Dio” è l’ultima arte possibile in grado di comportare un’opera d’arte offerta allo sguardo di uno spettatore.
Se la musica è nichilismo organizzato, un compositore può trasferire il potenziale nichilista della musica in una persona. Secondo il necrologio scritto da Donald Mitchell per la morte della figlia di Mahler Anna, ella aveva molto della musica del padre, quasi fosse una creazione della musica di lui. Il compositore avrebbe allora la capacità di trasferire la caratteristica della propria musica in campi completamente diversi? Ma qui c’è un’altra ambiguità: una creazione di Mahler o una creazione della musica di Mahler? È come la penombra di una discendenza gnostica.
La parola è suono, ma il suono dissolve la parola.
La poesia è musica in agguato.
La musica è pura struttura. Poesia e letteratura possono avvicinarsi alla musica.
La musica è un gioco nichilista proprio nel suo poter fare a meno delle parole senza poter fare a meno di un pensiero che richiama la parola per la sua completa espressione. Quello che viene scatenato è la traiettoria di un sistema complesso di pensiero. Ripensare a quello che diceva Mishima: la musica come bestia feroce in gabbia.
La musica gira sempre attorno alle parole: ma più le affronta, più le fa esplodere.
La letteratura si avvicina alla musica solo come cattiva letteratura: Umberto Eco come patetico caso di stravinskismo letterario.
Solo la vera poesia è invece musica in agguato.
Ma la musica è poi quella cosa che noi siamo abituati a conoscere come musica?
C’è un giudizio di Heidegger sull’ultima sonata di Schubert molto particolare: «Questo noi non possiamo farlo con la filosofia.»: è come se la musica aprisse nuovi campi al pensiero, in un mondo che il pensiero non può fare. Certa musica di Schubert colpisce per il suo tono divinamente compatto (il primo tempo della nona sinfonia, l’ultima sonata per pianoforte). Si avrebbe allora nella musica la coesistenza del pensiero e del suo annullamento. Un pensiero che procede per strappi. E la musica di Schubert sarebbe prima di tutto pensiero geniale. Il naturale impulso nichilista della musica può avvicinarsi alla genialità. Un pensiero geniale potrebbe attualmente essere un pensiero autenticamente in grado di strappare da sé il principio del terzo escluso.

 

 

 

 

     Il necrologio di Donald Mitchell compare in A. Joseph, A. Mahler, M. Mahler & D. Mitchell, Mahler’s Smile: A Memoir of his Daughter Anna Mahler (1904-1988), in D. Mitchell & A. Nicholson [Edited by], The Mahler Companion, Oxford University Press, Oxford 2002, pp. 593-6.

     Nello stesso volume c’è anche il giudizio sul rondò della nona sinfonia sopra ricordato: S.E. Hefling, The Ninth Symphony, in D. Mitchell & A. Nicholson [Edited by], op. cit., pp. 483-4: «But Mahler’s compositional tour de force of negativity is the Rondo-Burleske. Originally dedicated “To my brothers in Apollo”, it is the most syntactically untraditional, contrapuntally complex, and riotously sardonic movement in all Mahler’s oeuvre – as La Grange comments, Mahler never ventured further into nihilism than here.»

     Il giudizio di Heidegger sulla sonata di Schubert è riportato in R. Safranski, Heidegger e il suo tempo, Longanesi & C., Milano 1996, p. 402.
Le riflessioni di Mishima sono tratte da E. Ciccarella, L’angelo ferito. Vita e morte di Mishima, Liguori Editore, Napoli 2007, p. 105: «In realtà la distanza che lo scrittore prendeva dall’universo musicale era il frutto di un profondo terrore inconscio, che poi diventerà invece molto cosciente quando confesserà: “Provo un terrore inusuale per questa cosa informe chiamata suono”; o quando paragonerà la musica ad una bestia feroce imprigionata in una gabbia, un gabbia inaffidabile che poteva cedere da un momento all’altro.»

     Per quanto riguarda lo “stravinskismo”, vedere G. Gould, L’ala del turbine intelligente, Adelphi, Milano 2007, pp. 303-6.

Una musica che non c’è più

Certa musica moderna (Lontano di György Ligeti, Spiegel im Spiegel di Arvo Pärt, A Midsummer Night’s Dream di Benjamin Britten, In tempus praesens di Sofija Gubajdulina) andrebbe analizzata dal punto di vista della persistente e suadente evocazione di una musica che non c’è più. Anche il Rake’s Progress di Stravinsky si fonda su un analogo artificio. È come se questa musica richiamasse la capacità di evocare qualcosa di una musica che, nella sua completa struttura, semplicemente, ormai non c’è più. Sotto certi aspetti, l’avanguardia più radicale (Cage, ad es.) ha avuto dalla sua qualcosa di più onesto: la volontà di rompere a tutti i costi con una musica del passato.
Sarebbe da precisare il ruolo svolto da Mahler nella formazione di questa particolare musica moderna. Adorno diceva che l’Adagetto della quinta sinfonia è musica inconsistente. Mahler avrebbe così aperto a questo tipo di musica inconsistente, a questo tipo di musica di puro effetto? (Pensare anche all’Adagio della quarta sinfonia. È l’aspetto “sehr ruhig” della musica di Mahler che dovrebbe far pensare.)
Ma è comunque possibile vedere il doppio aspetto della musica di Mahler: musica di strada (erede della musica dei giardini di Mozart); musica di pura sensazione (proiettata, appunto, verso questi aspetti della musica di Britten, Ligeti, Pärt, ecc.).
In questa musica possibile ha la sua posizione imponente Šostakovič. Notare i ritmi con le percussioni.
     Alcune cose devono essere chiarite:
          1. Qual è questa musica che non c’è più? Perché questa musica è così familiare, anche solo tramite un rapido accenno?
         2. Qual è il luogo dove questa musica, posto che la si possa precisare, può essere definita come “musica che non c’è più”? E, soprattutto, qual è il luogo dove questa musica era familiare, prima che diventasse “musica che non c’è più”?
         3. Qual è il rapporto tra lo “spettro” che si aggirava per l’Europa, la figura del Golem, e questa musica, che, con passo d’avvoltoio, viene dai vecchi Paesi Comunisti (Šostakovič, Ligeti, Pärt, Gubajdulina). Qual è il rapporto tra tutto questo e la musica germanica?
È probabile che qui si richiami una differenza fondamentale: quella tra “arte elevata” e arte di consumo. Lo stato socialista ha spesso contrastato questa differenza.
(Ma tutto questo è, probabilmente, una delle facce del postmodernismo.)