HHhH

Qualunque discorso sul nazismo fatto adesso deve partire dalla considerazione intorno al tipo di Europa che si presenta adesso a noi, cioè dal tipo di Europa che la sconfitta del nazismo ha indirettamente contribuito a creare. Questo è il modo autentico in cui il nazismo può tornare a parlarci. Questo perché noi, che viviamo nell’Europa che la sconfitta del nazismo ha indirettamente contribuito a chiamare, per costruire ciò che ci affanniamo a definire “Europa”, chiamiamo indirettamente il nazismo come controparte di ciò che ci affanniamo ancora a definire “Europa”. Questo nel momento in cui noi riteniamo essere il nazismo la cosa che meno ha il diritto, tra tutte le cose che hanno la capacità di parlare, di ottenere la parola per parlare. Per cui noi, indirettamente, per la maggior parte dei casi, chiamiamo il nazismo come cosa che non può più tornare a parlarci. Ma il rinnegamento del nazionalsocialismo è stato per l’Europa l’atto di sottomissione alla razza semita. Si tratti di ebrei o di arabi, la razza semita è ciò che, con assoluta arroganza, abita adesso l’Europa. Il modo assolutamente arrogante con cui la razza semita abita adesso l’Europa è ciò che permette di comprendere ogni forma di razza straniera venuta ad abitare l’Europa. Si guardi come un negro o un indio camminano adesso, con assoluta spavalderia, nelle strade delle terre d’Europa, strade mai costruite per la loro andata. Ma questo perché le strade d’Europa sono le tracce di ciò che l’Europa ha abbandonato dell’Europa. Che doveva essere ciò che si sarebbe dovuto determinare come il pensiero dell’Europa sull’Europa. Ed è ciò che adesso deve essere posto a oggetto di un pensiero che rimane nascosto. Ogni vera musica vive solo nel respiro del silenzio. Ogni filosofia vive nel soffio di ciò che, nell’arte del dire della filosofia, viene sottaciuto.
HHhH di Laurent Binet (edizione originale: HHhH. Himmlers Hirn heißt Heydrich, Bernard Grasset, Paris 2010; traduzione italiana: HHhH. Il cervello di Himmler si chiama Heydrich, Einaudi, Torino 2014) racconta un episodio della storia della Resistenza cecoslovacca: l’uccisione di Reynard Heydrich, allora governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, ad opera di alcuni partigiani, soprattutto un partigiano ceco e un partigiano slovacco. Lo scontro che Laurent Binet si sforza di cercare di rappresentare in questo romanzo è quello tra volontà (da parte di un paese) di opprimere un paese straniero, e volontà, da parte di alcuni individui, di liberare il proprio paese da quella oppressione.
Ma questa certezza di intenzioni nasconde delle incertezze sul modo di rappresentazione da adottare ai fini di questa rappresentazione; incertezze che si possono riassumere in questa domanda: come rappresentare quella certezza, che deve essere la certezza della Resistenza? Che è poi ciò che nasconde la domanda: “che cosa si nasconde nella Resistenza?” Vale a dire la domanda: chi parla in quel punto? Che impone la domanda: Come dare la parola ai partigiani?
Il tema dell’amore per il proprio paese, da parte di un autore che, per nascita, non appartiene a quel paese, cioè alla Repubblica Ceca, essendo Laurent Binet francese, ma in quanto autore che ama quel paese, cioè l’attuale Repubblica Ceca, chiama a sua volta un tema che, in questo contesto, può sembrare fuori casa, ma che invece interviene nella composizione della casa quanto nella sua consacrazione, cioè in quanto attiene alla sfascio della casa: il tema del flâneur. Domanda che, nel tema della consacrazione della casa, suona del tipo: “Che tipo di Europa ha preso forma con la sconfitta del nazismo?” Tolkien è stato uno dei pochi scrittori a poter intuire qualcosa: «non sono del tutto sicuro che una vittoria americana a lunga scadenza si rivelerà migliore per il mondo nel suo complesso piuttosto della vittoria di –» (J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973, Bompiani, Milano 2001, p. 76). Il  trattino indica appunto ciò che è da chiamare, vale a dire ciò che è da consacrare in vista di uno sfascio, anziché di una consacrazione, della casa; questo perché ciò che è da chiamare qui non è un nome solo ma una alternanza di nomi; non una costante ma una variabile che si determina in un tempo. Infatti il nome non è solo l’avanzo della sconfitta. Poiché ciò che chiama non è ciò che si chiama: non Hitler, ma Himmler, che insieme si chiamano Heydrich.
La storia registra che gran parte della Resistenza al nazismo è stata alimentata dall’amore verso il proprio paese. Che cosa avrebbe comportato una accettazione della ideologia nazista da parte di una persona il cui paese era stato invaso dall’esercito nazista? Ma soprattutto: che posto poteva avere, in quello scontro, colui che non aveva mai amato il proprio paese? HHhH: «Dopo la guerra qualcuno farà questa osservazione: fra le decine di paracadutisti selezionati per essere inviati in missione nel Protettorato, quasi tutti avevano dichiarato di essere motivati da un sentimento patriottico. Solo due, tra cui Čurda, avevano detto di essersi offerti volontari per amore dell’avventura, e quei due hanno tradito.» (I/184). Che posto potevano avere, quei due? Certo non solo quello del traditore. Se uno avesse ritenuto – con la massima convinzione – che la diffusione della propria razza avesse potuto costituire un pericolo per il mondo? Riconosciamo così di essere all’interno della parallasse di Rimbaud: “Sono sempre stato di razza inferiore”; perché è proprio all’interno della parallasse di Rimbaud che si deve articolare questo incauto tentativo di ragionamento. L’incauto ragionamento è quello che prende a modello l’ellisse della esagerazione e a termine la parallasse dell’equilibrio. Che pone un’altra parallasse. Infatti questo ragionamento è ciò che viene posto al di fuori della ragione. In quanto questo ragionamento – adesso – non può che suonare come una domanda di questo tipo: “Che cosa fare delle razze inferiori?”
Non si può parlare del nazismo senza parlare delle teorie razziali, che attualmente sono viste come l’essenza del male assoluto in opera sulla terra. La principale differenza tra il nazionalsocialismo e le altre teorie fasciste ad esso contemporanee consisteva nella predominanza che il nazionalsocialismo conferiva alla teoria razziale. Quale Europa si presenta adesso? È possibile rivendicare la teoria razziale nazionalsocialista in quanto valore posto a difesa dell’Europa? Per l’antisemitismo il semita è l’estraneo che deve essere allontanato dall’Europa. Ieri, questo estraneo semita, era l’ebreo; oggi è l’arabo. Ma parlando di razza, la razza è la stessa. Una sola razza nemica che si affaccia e ferocemente insiste in Europa: la razza semita. Stessa razza; stesso dio; stesse facce feroci. Stessa ferocia pronta a scattare. Ma non si tratta solo di antisemitismo. Accanto al nemico esterno c’è il nemico interno. Lo straniero di casa, che, agendo in casa, rende la casa non più cosa di casa: cioè il nemico rappresentato dal meticciato – il meticciato slavo e il meticciato latino: lo slavo e il latino. E poi gli zingari. Tutta questa compagine costituisce infine un unico bersaglio. Il grande bersaglio della grande Soluzione Finale.
Che è la grande differenza che compone epica e romanzo. Il romanzo mette in gioco individui; ma l’epica parla di razze. Quindi è ormai il tempo di pensare il pericolo che attende nel profondo. Ma vale la pena, alla fine, pensare ciò che porta con sé il pericolo? Solo quando il pensiero è qualcosa di pericoloso per l’uomo, allora il pensiero è qualcosa che vale la pena arrivare a pensare. Solo lì l’uomo è spinto verso qualcosa di diverso; cioè verso una decisione. Altrimenti è solo un mondo per dare da campare a figure grigie, che appunto così campano su un vecchio pensiero, che più non pensa pensieri pericolosi: vale a dire l’umanesimo. Pensare la pericolosità del pensiero è un modo per comprendere di essere sulla strada giusta. Deve essere chiara la differenza tra storia e storiografia. Questo è importante per la differenza tra epica e romanzo. Ma bisogna sempre mettersi a scrivere per pochi fanatici. Scrivere è un’arte magica. Un’arte dell’incanto che libera dai topi, ma che può portare via ciò a cui si tiene di più, se non si rispettano i patti. Bisogna insorgere contro la propria razza quando si scopre di essere di razza inferiore. Non perdonare chi ci ha fatto nascere lì. Noi adesso possiamo dire che la storia della Resistenza europea contro il nazismo è un episodio della lotta del meticciato d’Europa contro la razza bianca d’Europa. Questo perché dobbiamo chiederci: “Chi ha il diritto di abitare l’Europa?” Grande Michel Houellebecq!, che ha capito come il razzista odi sopra di tutti il meticcio! Io infatti odio soprattutto il meticcio italiano, o, come amo definirlo io, il disgustoso meticcio italiano. Odio quel bastardo di italiano. Odio il bastardo italiano. Lo odio soprattutto quando

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