Bachtin rovesciato come un guanto

Bachtin insegnava a riconoscere la tecnica polifonica di Dostoevskij all’interno dei romanzi di Dostoevskij. Questa tecnica consisteva, secondo l’analisi di Bachtin, in un tentativo di rintracciare voci diverse in quella che, nei romanzi, sembrava presentarsi come voce unica; voce che, apparentemente, da sola, portava avanti quella narrazione che, appunto in quanto sola, poteva costituirsi come composizione del romanzo.
Ma il romanzo è costituito da una formula esattamente opposta: una tendenza alla omofonia, cioè alla necessità di vedere una stessa voce in quello che nel testo si presenta come un intreccio di voci diverse. In questo caso, a essere basilare, è la teoria del soggetto, poiché proprio il soggetto regola la fuga delle voci, vale a dire la disposizione spaziale delle varie voci tra loro. “Soggetto” che si pone, appunto, come “punto di fuga”; cioè come punto di vista in uno spazio da cui ci si pone come osservatori. Ed è appunto il soggetto a osservare la fuga. È insomma la teoria del soggetto a detenere in sé il germoglio della polifonia. Non è la polifonia a rimandare a soggetti diversi.
Il romanzo diventa allora la parata della costruzione soggettiva mascherata da oggettiva indipendenza di voci. La polifonia è così un miraggio e compare la topologia.

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