Roberto Vannacci, Il Mondo al Contrario

Cito da una lettera di Nietzsche: «Da parte svizzera sono stato indotto a pensare che i numerosi, quasi sistematici fallimenti delle colonie tedesche o svizzere negli stati attorno a La Plata abbiano origine nel mescolamento delle nazionalità, vale a dire nella vita promiscua di elementi tedeschi e latini. Non si riesce ad avere un sentimento patrio, la sensazione di una casa, se si ha nelle immediate vicinanze la sporcizia italiana ecc.» (F. Nietzsche, Epistolario. Volume V, versione di Vivetta Vivarelli, Adelphi, Milano 2011, p. 136. Lettera del 2 gennaio 1886 a Bernhard Förster ed Elisabeth Förster-Nietzsche a proposito del progetto di fondazione di una colonia tedesca in Paraguay). Questo chiama il giudizio di valore applicato a ciò che attualmente viene definito il principio delle diverse culture, che devono trovare spazio nel mondo. [3, 8]

Guai pensare un’epoca la cui realizzazione non costerà la vita a milioni di persone – in quel caso penso possa trattarsi solo di porn-think. Ma questa è una mia opinione. Che in quest’epoca, fatta per non pensare, va comunque bene. [7, 2] La differenza è la differænza che non trova ascolto tra ciò che ha diritto di vivere e ciò che non ha diritto di vivere.

Il pamphlet arcigno è soggetto ad uno scacco: è qualcosa che deve essere posto in pratica, e ricorda troppo qualcosa come il programma di un partito politico. Per questo, quello che in esso compare, deve essere considerato con attenzione; per questo il libello di Roberto Vannacci ricorda i libelli di Michela Murgia, nonostante l’opposta denotazione politica. Forse la questione è chiedersi perché, ciò che è stato pensato, debba infine essere messo in pratica, quando la perfezione di ciò che è stato pensato dovrebbe consistere nel rifiuto di ogni messa in pratica?

Dico che quello che manca è qui il grande disprezzo – di nietzscheana memoria.

Gli italiani sono per natura meschini, antipatici, ignoranti, litigiosi, infidi, bastardi, froci, maschilisti, schifosi, noiosi, puttanoni, idioti. Il loro profilo su FB più azzeccato sarebbe, d’un colpo, il Gruppo costituito intorno a quel Calandrino del Decameron, laido figuro messo insieme da quel meticcio italiano che era Giovanni Boccaccio messere (ma a quei tempi internet sonava a prime sue novelle armi, per cui non si può accusare il meticcio italiano Giovanni Boccaccio messere di aver cagato il suo testo in totale solitudine e di essersi poi dato alla macchia, non essendoci allora delle vere latrine pubbliche con collegamento a internet – parlo di Internet WC – loco concluso per permettere a quel bastardo di italiano che era Giovanni Bocaccio messere di segnalare più di tanto – qualcosa del tipo: “Qui merda!”). Così quello che il meticcio italiano Giovanni Boccaccio (bastardo di italiano) ha cagato in solitudine non è altro che un vecchio mucchietto di merda apprezzato da un naso esperto come quello di un altro meticcio italiano, il meticcio italiano – e finocchietto – Pier Paolo Pasolini: Calandrino, questo migrante per vocazione, vale a dire migrante per razza, ha avuto vita extra lunga, perché condotto ha a Pierino, e alle sue tante barzellette radicate nelle caserme del fosco meticcio diabolico italiano (bastardo di italiano), loco ove meticcio italiano grama sua vita mena (porca l’anima sua, bastardo di un italiano che è). Perché meticcio italiano è per natura sua vigliacco, antipatico, ignorante, litigioso, infido, bastardo, frocio, maschilista, schifoso, noioso, puttanone, idiota.

Il migrante deve essere respinto, perché è ciò che è stato messo insieme per non rispettare la terra. Ma il migrante è l’altro a cui ciascuno dà albergo in sé senza rendersi men conto di ciò. [3, 7] L’altro è ciò che sta dentro come cosa più picciola che si è menato dentro, chissà perché, come il meticcio italiano.

“Guai a colui che alberga in sé deserti” è l’avvertimento che i pamphlettari bipartisan mai tengono in considerazione. Noi pensiamo la terra solo come terra dove andare. Non pensiamo la terra come ciò che chiama il suo abitante.

Solo in una determinata condizione la terra diventa terra dove andare: quando andare nella terra è andare nella Terra del Sacro, ma questo comporta la scelta da parte di colui che ha diritto ad andare nella terra. [2, 6]

Può, il discorso di Roberto Vannacci, esposto nel libro Il Mondo al Contrario, portare a pensare per razze, che pure è quello che il libro, per qualche ragione, sembra non volere mai fare? Solo la razza bianca abita la terra, perché solo nella razza bianca si è determinata la trattazione filosofica dell’abitare la terra. Noi pensiamo la terra solo come terra dove andare, non pensiamo mai la terra come terra che chiama il suo abitante. Miguel Serrano parlava delle vibrazioni della terra che permettevano a un gruppo di installarsi su di una terra, ma impedivano a un altro gruppo di installarsi su di essa. Lovecraft parlava delle vibrazioni negative che rimanevano nella terra occupata dai nativi americani, e che portavano quella terra a chiamare le forze del male in essa rimaste. Ma le forze del male agiscono solo nella razza degenerata, così Lovecraft parla dei degenerati italiani, spagnoli, greci, orientali, ebrei (ciò che egli, con felice espressione inclusiva, definiva il meticciato “italo-mongolo-semita”, vale a dire ciò che era degno di essere fatto fuori con il gas). La differenza è proprio in quelle sottigliezze che dimostrano l’accettazione, già allora del tutto avvenuta. Qual è la differenza? il discorso che fa capo al pensare per razze, sostengo io. Non c’è discorso sulla razza se non c’è grande disprezzo. [5, 10]

La Nuova città è il nuovo mondo.

Nel gruppo possono rientrare i libri di Michela Murgia di non narrativa. L’intento è lo stesso: il luogo comune come motore dell’opera. Il carattere satirico del pamphlet, che ha contribuito a creare testi come Francesi, ancora uno sforzo di Sade e Una modesta proposta di Swift, cede qui il posto a mesta trattazione arcigna, volta a stucchevole indignazione. È l’epoca in cui gli dèi non ridono più sulle miserie de la razza umana, ma solo spicciole Madonne bifolche vengon spinte avanti a calci sovra palco a pianger sangue da occhi per masse di bifolchi itali e slavi (cioè davanti al meticciato d’Europa – che niente ha a che fare con l’Europa).

Men che mai Patria fu loco alcuno di scelta, ch’io rammenti: Roberto Vannacci cita profumi, sapori che costituiscono l’insieme di gruppo ove l’individuo ha loco suo di mala origo (maledetto italiano, shitalian, merdìtalo). È la scelta a costituire un individuo parte di gruppo uno e di sue diverse tradizioni. Questo è ciò che mena poscia al concetto di Terra del Sacro. Il luogo d’origine è allora la Terra del Sacro, che meno che mai può portare a coincidere con propria landa sua. Allora il rispetto verso il luogo d’origine si avrà nella tensione che pone il luogo dove quell’individuo ha avuto origine e la Terra del Sacro, che egli avverte come propria sua legittima origine. [Coppia 2]

Il sacro è scelta che tende alla razza, il meticciato è ripetizione golemica di luoghi comuni.

Il buonsenso dimostra che il sole gira intorno alla terra, la quale giace piatta sotto uno solo sole sempre di bruta fiamma lampante. Ma mi sa che Lukács György, se pensiamo così, ce l’aveva proprio duro – in quanto a ragione. [Capitolo 1]

In Occidente il discriminate per un pensiero di destra è l’appartenenza alla razza bianca. Comunque li si acchiappino, questi bastardi di italiani di merda (posto che esseri così unti e sguscianti possano infine essere presi ad un cappio) non sono un gruppo di razza bianca, sono un gruppo di meticci come i messicani – così qualunque italiano di destra deve partire facendo un discorso sul meticciato, cioè su ciò che è la propria antirazza. Un preciso discorso sul meticciato del proprio paese è presente in Miguel Serrano (Miguel Serrano, Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, 2 volumi, traduzione di Nicola Oliva, Edizioni Settimo Sigillo, Roma 2010) dove Miguel Serrano insiste su un punto fondamentale: in Cile non si può parlare di razza: «parlare nel Cile di razza, lo sappiamo, significa menzionare la corda in casa dell’impiccato.» (p. 574). Qualche pagina dopo, insiste: «Io non penso, infatti, che si possa parlare di una “razza cilena”. Vero che esiste, o esistette un marcato “spirito nazionale” presso di noi, influenzato dal paesaggio di questa terra mistica; ma una razza cilena non esiste e non esisterà mai. […] Ciò che c’è qui, o ci fu, è un “meticciato regolare”.» (p. 557). Nei suoi pochi secoli di vita, dal punto di vista razziale, il Cile non ha mai avuto scampo: «[…] perché mai ci fu una razza cilena. Ci fu solo un meticciato in decomposizione. Il suo ciclo si è compiuto.» (p. 604). Il discorso sulla razza è il punto di partenza di ogni discorso che possa pretendere di presentarsi come discorso di un pensiero di destra. È solo la razza a rendere vero un discorso. Che è ciò che deve portare al discorso sulla razza bianca, cioè alla saga, che è il dire che è la storia in quanto suo dire. [Cap. 12]

Il Mondo al Contrario è l’epoca dello sfaldamento globale, che porta al non-dominio, che è il condominio che sceglie di non dominare il mondo, con tutte le conseguenze che questo comporta.

La domanda filosofica che deve essere posta, suona allora come domanda del tipo è: “Perché l’uomo non vuole più dominare il mondo?”. È da questa domanda che dobbiamo intendere la distanza che ci separa dal pensiero di Nietzsche, che aveva pensato la questione – per cui noi adesso pensiamo in un modo diverso, cioè pensiamo di non avere più accesso al pensiero, quando pensiero è il pensiero che deve aprire al dominio del mondo.

L’uomo tornerà ad essere padrone del mondo quando avrà chiuso con la fase della propria storia che lo ha visto in ascolto delle ideologie semite (tanto nella forma delle religioni cristiane e islamiche, quanto nella forma del socialismo), ma per essere di nuovo padrone della vita sulla Terra, vale a dire determinare a chi spetti il diritto di vivere, l’uomo dovrà porsi il problema di scegliere a chi spetti il diritto di vivere perché solo allora l’uomo sarà di nuovo pronto per il grande gioco del mondo, forse il gioco più inutile, che ha sempre determinato uno scopo: dare al mondo una delle forme possibili tra le tante, ma che potrà comparire solo facendo sparire una parte degli occupanti delle tante altri parti del mondo.

Tipico del libello arcigno è sempre il volere torcersi indietro, perché la felicità è sempre in un periodo passato al quale bisogna fare ritorno con un progetto politico.

Si torna indietro al periodo dei padri e dei nonni, mai al tempo dei figli, come invece già chiedeva Zarathustra (e qui devo di nuovo tornare a Nietzsche).

Che cosa vuole dire pensare per razze? Dante era un meticcio (un meticcio italiano – si potrebbe precisare, anche se qualunque meticcio è uguale ad un altro qualunque meticcio). Il meticcio italiano Dante non aveva nulla a che fare con la razza bianca. Chaucer era un poeta della razza bianca, non aveva nulla a che fare con il meticcio italiano Boccaccio, autore del Decameron. Pasolini era un finocchietto e un meticcio italiano puranco – italiano e di sinistra, e ha tratto quel film che solo un meticcio italiano poteva trarre da quella vecchia, imbacuccata cosa de la maledetta Italia, vedendo lungo: Dante, Boccaccio e Pierini vari… (Questo è ciò che solo un vero bastardo di italiano vero può fare.)

Quello che nel libro Il Mondo al Contrario viene vista come Patria è quello che i programmi Tv di cucina propinano nel mondo come “cultura” della maledetta: profumi d’Italia (l’Italia è solo “maledetta Italia”), sapori d’Italia (l’Italia è solo “maledetta Italia”) che hanno insegnato le nonne d’Italia – modi di dire, di giudicare che hanno insegnato padri e nonni d’Italia (= bastardi di italiani).

Andare nella Terra del Sacro è incontrare l’Altro, che la differenza tra uomo e donna determina a livello di terra, che si fa allora Terra del Sacro, questo perché è la terra a chiamare il suo abitante e non l’individuo a scegliere la terra dove andare. La questione dei “migranti” non si pone, in quanto tale, se si pone la questione di coloro che abitano la terra, di coloro che occupano la terra, di coloro che scorrono la terra. “Abitare la terra” è una questione filosofica che ha riguardato la razza bianca, perché sviluppata soltanto nella filosofia di Martin Heidegger. [3, 7; 3, 8]

Ogni movimento nella terra è sempre questione di spostarsi dalla terra infestata dal meticciato alla Terra del Sacro, dove comunque il meticciato è arrivato, ma ciò che, grazie ad un sigillo, viene determinata come Terra del Sacro. Lentamente, si manifesta ciò che è terra, lentamente si manifesta il sacro nella terra.

C’è differenza tra la Germania dei contadini di Heidegger e l’Italia di uno sporco meticcio italiano qualunque (come il meticcio italiano Beppe Fenoglio, cantore dei contadini della maledetta Italia). I cambiamenti climatici non hanno fatto altro che confermare la natura africana dell’Italia – e confermare quanto l’Italia sia una minaccia per l’Europa di razza bianca. Ma l’Europa è solo la fragile creatura della razza bianca, così come l’Italia è lo sputo malamente tirato fra Africa ed Europa – non è Africa e non è Europa, ma è più Africa che Europa. [Coppia 2]

Quanta passione, forse devo riconoscere, in questa recensione che si presentava, al suo inizio, come “scherzosa”… niente di più. Meglio così, la passione che porta in alto, in avanti, non si sa dove, è sempre benvenuta, la “passione” che porta all’epoca di nonni e padri è un intoppo, ma un intoppo alla Ragle Gumm, mi viene da suggerire. L’autore del pamphlet arcigno è sempre un Ragle Gumm ormai attempato ormai arcigno, che si muove in una dimensione che gli sta stretta.

Se è vero che il procedimento attivo nel Mondo al Contrario tende a far apparire normale quello che normale non è, è anche vero che la messa in pratica non ha mai suscitato gravi disagi in chi ne è risultato poi la vittima, per cui l’argomento deve essere affrontato da un altro punto di vista.

Cosa distingue il gioco dalla serietà? Il fatto di poter annullare i risultati alla fine del gioco. Il gioco considera la morte come parte di un gioco.

Beppe Fenoglio: la Resistenza chiama la commedia all’italiana. Ma questo può funzionare solo perché l’Italia non è terra, bensì antiterra; e gli italiani non sono popolo, bensì antipopolo. È finito il tempo dello scrittore, ma non comincerà mai il tempo della antiterra. Che cosa fare della terra abitata dalla antirazza, una volta che l’antirazza sarà stata legalmente tolta via dalla terra? Questo non è il tempo del grande disprezzo, e nessuno sarà mai chiamato a odiare l’Italia, cioè il meticciato.

Sapete che vi dico? Ormai lo scrittore ce lo sogniamo, dobbiamo abituarci al tempo dei pamphlettari – una volta di destra, una volta di sinistra. Come una volta il tempo degli assassini, anche quello degli scrittori è finito – dobbiamo prepararci al tempo dei pamphlettari.

Il Mondo al Contrario, spesso accusato di essere un libro sciatto, potrebbe invece rivelarsi come un libro organizzato con attenzione secondo una formula del tipo: “1 + (5 + 5) + 1” che chiama ad una alternanza. Il primo capitolo (Il Buonsenso) e il dodicesimo (L’Animalismo) stanno ai limiti: il primo capitolo stabilisce il modo in cui sarà indagata la materia; l’ultimo capitolo esce da ciò che ha costituito l’argomento del libro – la società umana – per indagare un aspetto di questa società: il modo in cui tale società si rapporta agli animali. L’animale è posto al guinzaglio, senza dare all’animale la possibilità di fare a meno del guinzaglio. Gli altri dieci capitoli si organizzano allora in cinque coppie: Ambientalismo e Famiglia, Energia e Patria, Società multiculturale e multietnica e pianeta lgbtq+, Sicurezza e Tasse, Casa e Nuova città. Ma è possibile ricavare da ciò una forma? Il libro è stato pensato in base a una forma precisa, o scritto semplicemente capitolo dopo capitolo senza avere presente una forma? Non so, ma tutto ciò che rimanda al dodici è roba mia.

Andare nella Terra del Sacro è incontrare l’Altro, che è allora la Terra del Sacro, non solo il suo abitante, quando la Terra della Sera è solo terra dove andare. Ma andare nella TdS è andare nella terra che è stata contaminata dalla presenza dell’altro che non è legato alla terra, e che vede la terra solo come terra dove andare, cioè il migrante. Compito degli umani non è difendere la terra, affinché torni ad essere la terra dell’altro, che non è mai stata, ma difendere la TdS dall’assalto dell’altro. Così l’incontro con l’Altro salva il mistero del mondo, perché non esiste problema dell’Altro, quando l’Altro è ciò che accoglie nella Terra del Sacro, che non implica mai pericolo per ciò che è TdS.

In realtà, agli umani spetterà il compito di distruggere, in un modo o nell’altro, quanto è stato occupato dal meticciato – problema mai considerato finora. Ma la questione allora sarà: che cosa fare del terriccio rimasto come terra dopo che ciò che occupava quella terra sarà stato rimosso?

Questa è l’epoca in cui a gran voce bisogna parlare del meticcio italiano, che pure si presenta come la cosa che non deve avere voce, perché se solo nell’umano è il rispetto per la terra, allora solo nella razza bianca è il rispetto dell’umano. Ma questo porta al paradosso di non prendere mai la Terra – da parte di colui che la Terra aveva scelto come proprio abitante. Perché il vero abitante della terra deve essere colui che non è nato nella terra. Sarà allora pronto, l’uomo, ad affrontare questa differænza?

C’è un punto in cui Il Mondo al Contrario ha visto giusto, questo: «Nella maggioranza dei casi, poi, gli incontestati amici degli animali estenderebbero questo velo di protezione solo ad alcune specie: soprattutto agli animali domestici e da cortile; probabilmente a tutti i mammiferi; alcuni salverebbero anche gli uccelli… ma quasi nessuno se la sentirebbe di manifestare a favore degli insetti, soprattutto se si tratta di zanzare, blatte, pulci, pappataci o larve parassite dall’apparenza ributtante. Eppure, secondo logica, anche loro, in quanto appartenenti al regno animale, sarebbero soggetti giuridici dello stesso diritto.» (p. 344). Ma questo riguarda proprio ciò che Il Mondo al Contrario vorrebbe mettere al sicuro: gli italiani, che possono entrare in un discorso solo come insetti, perché hanno l’ottusa moltitudine degli insetti di cui parlava Hillman, cioè sono scarafaggi africani e niente di più.

Quello che Il Mondo al Contrario centra è ciò che in esso era stato posto in causa come ciò in cui esso si poneva come richiesta di ciò che, nel suo dire, si poneva come domanda relativa a ciò che, in esso, c’entra.

Così noi tutti conosciamo il puttanforme genio delle molte Italie di merda: Dante era un “poeta” mediocre e islamista di “genio”, che ha visto, bastardo lui di un italiano di merda, il terrorismo islamico della nostra epoca; Leopardi era un imbecille paroliere idiota e parassita, che ha visto, bastardo lui di un italiano di merda, i pamphlettari della nostra epoca, di destra e di sinistra, tutti all’opera come deformi genietti gobbetti malefici come egli stesso era allora dentro la sua casetta; Boccaccio era un comico di basso infimo livello, bastardo lui di un italiano di merda, ma genio del marketing, che ha visto i cinepanettoni della nostra epoca, quando il cinema non era ancora qualcosa nell’orizzonte dove andare quando non si aveva niente di meglio da fare; Monteverdi era un genio, ma sempre bastardo lui di un italiano di merda, che aveva solo genio da mandare nella nostra epoca, che si scontra con il tempo che non vuole più avere niente a che fare con il meticciatoe questo non deve impedire di riconoscere nel meticcio italiano parte di ciò che deve essere completamente eliminato, per cui è giusto, prima di tutto, fare fuori il grande genio di Monteverdi, italiano di merda.

Colonialismo (Una precisazione)

Il colonialismo è quella cosa tanto difficile da affrontare, in quanto argomento di pensiero, che fa sì che lo sterminio di un popolo, per soli motivi di rapina, sia assolutamente da condannare, ma che quello stesso sterminio, se compiuto in assenza di qualunque movente di rapina, quindi per il solo motivo di abbellire il mondo, alleviare la terra, ritrovare l’innocenza del gioco del bambino, sia strumento ammirevole e meta da perseguire – ma appunto questa differenza è ciò che siamo adesso ben lontani da potere accettare: per questo il colonialismo è così difficile da affrontare; perché fa parte di un progetto del mondo, e quindi di un uso del mondo, al quale non siamo ancora pervenuti, perché ci porta a pensare qualcosa di un mondo organizzato in modo diverso.

Cinesica

Un arabo si muove, in Europa, diversamente da un ebreo, pur essendo anche lui nient’altro che un semita – pur essendo tutte e due nient’altro che forme semite. Dipende dal fatto che il processo di apprendimento del nuovo ambiente non ha ancora raggiunto nell’arabo il livello raggiunto dall’ebreo. Stessa cosa per il negro e per l’indio sudamericano. Tutti loro si muovono in un ambiente diverso, che non è stato costituito per le loro forme. Le loro sono andature golemiche. L’arabo che si incrocia adesso per le strade d’Europa è solo un portatore di caffettano, così come, ai tempi del Mein Kampf, lo era l’ebreo.
Sotto il caffettano il semita arabo muove le gambe con rabbia, pesta pesantemente la terra, quasi a piantare radici. L’andatura è dondolante in tutti e due i lati del corpo. Viene in mente quello che si legge nel Mein Kampf quando Hitler incontra il primo ebreo, la considerazione: “Questo è dunque un ebreo?” Incrociare una cosa del genere fa pensare. Che cosa ci fanno questi “portatori di caffettano” semiti, qui, in Europa, siano essi arabi o ebrei? Anche i negri hanno la loro andatura, diversa da quella degli arabi e da quella degli europei. Che cosa ci fanno, tutti questi portatori di tante cose così diverse, in Europa? Il dondolio dell’andatura degli arabi ricorda quello degli ebrei in preghiera.
Da questo modo di considerare e di guardare si deve favorire il disprezzo. Il disprezzo è un metodo di conoscenza. Se non il metodo più potente, certo uno dei più efficaci. Metodo è anche arma. Ormai lo possiamo dire.
Quelle loro andature sono forme di comunicazione. Comunicano l’indifferenza ostile verso l’ambiente che hanno intorno. Il loro perseverare nel mantenere il comportamento che avevano nell’ambiente di origine. Questo è anche quello che si nota nella letteratura del realismo magico, per esempio nei Versi satanici di Salman Rushdie, dove gli indiani trapiantati a Londra sono del tutto indifferenti verso l’ambiente londinese che hanno intorno. D’altro canto questa forma di comunicazione nasconde la certezza di potersi appropriare, o prima o poi, di quell’ambiente e di trascinarlo nel fango del loro livello – cioè nel fango da cui sono partiti.
È da considerare che gli impacci, i rallentamenti, il modo di procedere indifferente del realismo magico e della letteratura postcoloniale hanno il carattere golemico di questa andatura maledetta.
L’andatura è un ritmo. Anche Bruckner aveva il suo ritmo particolare. Il ritmo del meticciato e di ciò che è inferiore è un non ritmo. Un “non ritmo” è ciò che ingoia, avanzando come ciò che non ha ritmo in un ambiente ad esso estraneo, e che, prima della sua comparsa, era dotato di un ritmo proprio.
Come gli animali, avanzano nell’ambiente loro concesso secondo uno schema fisso: prima viene il semita maschio, poi il semita femmina con i piccoli semiti.
Quelle forme semite che si vedono sempre più frequentemente camminare per le strade d’Europa, sembrano soltanto camminare. Eppure, con quel loro modo di camminare, queste forme semite calpestano la terra.
Le gambe sono rigide quando vengono spinte meccanicamente in avanti. Il caffettano, che questi “portatori di caffettano” indossano, ne accentua la rigidità meccanica. La loro non è una camminata, è un avanzare. Nel loro avanzare con le gambe rigide sotto il caffettano essi calpestano la terra.
La forma tarchiata, la brachischelia, tipica di gran parte di certi indios, accentua il loro procedere, quasi rotolando su zampette deformi, in una terra straniera. Sempre la terra d’Europa sarà straniera per queste forme straniere, siano tali forme portatori di caffettani o forme rotolanti latinoamericane, o scrittori di realismo magico. Forme che si muovono nelle città costruite dai meticci italiani, così come nella terra d’Europa.

I veri Protocolli

Il complotto semita è connaturato alla razza semita. Umberto Eco balla in tutù nel cimitero di Praga. I testi di Umberto Eco hanno sempre qualcosa del balletto. È una vecchia musica stantia che richiama il balletto. Questo è poi un balletto che stana Stravinskij. L’arte deve portare il disordine in un mondo in cui l’ordine è ormai solo una minaccia – come si legge su una delle lapidi.
Notevole il saggio di Richard Maxwell, Manoscritti ritrovati, strane storie, metaromanzi (in Il romanzo. Vol. IV, Temi, luoghi, eroi, Einaudi, Torino 2003, pp. 237-60). Il saggio affronta il motivo dei falsi manoscritti ritrovati, i quali costituirebbero la fonte del testo infine stampato, cioè del romanzo che si ha tra le mani. Il tema comincia con Le meraviglie di là da Tule di Antonio Diogene e arriva fino al romanzo moderno. Si ramifica poi in una maniera particolare con la creazione di un falso documento a partire dalla scena di un romanzo, Biarritz di Hermann Goedsche. Nascono così I protocolli dei savi anziani di Sion.
Quante forme assume il romanzo! Nel saggio del Romanzo si fa notare la struttura di Dracula di Bram Stoker, composto fittiziamente da una massa eterogenea di pseudo-documenti (diari di vari personaggi, lettere, promemoria, telegrammi, memorandum, un diario di bordo, articoli di giornali) costituita per delineare il pericolo che sta minacciando l’umanità: cioè il vampiro; pericolo contro il quale bisogna adesso agire. La raccolta di materiale serve quindi per chiamare ad un intervento concreto.
L’Altro è nella forma-romanzo il diverso, che è il difforme e il mostro; che chiama la prosa della vicinanza. Questo è il senso del romanzo quando chiama una forma immediatamente ad esso superiore. La forma che chiama è la forma che reclama la forma immediatamente superiore. Quello che occorre, dopo il tempo del romanzo, è l’epica della distanza tra uguali – che fa a meno dell’Altro. Il romanzo è la forma della vicinanza prosastica; ora serve la forma della distanza epica. Non serve più l’Altro, perché bisogna cercare l’uguale – allo scopo di farne suonare la distanza. Bisogna passare dal romanzo alla nuova epica, fondata appunto sulla distanza fra uguali.
È giusto unificare tema dell’Altro e romanzo? Sì, se per romanzo si intende adesso la ricerca di questa nuova forma epica, l’epica della distanza tra uguali. Si può parlare di “forma-romanzo” così come si parla di “forma-sonata”.
In realtà qui è questione del rapporto tra vero e verosimile, che è all’origine del romanzo, cioè di un genere che imita la storiografia – ma, soprattutto, che la imita inventandola. I primi quattro volumi del Romanzo Einaudi (il quinto contiene solo saggi su romanzi) insistono continuamente su questo rapporto. I Protocolli, evidentemente un falso fatto secondo le regole interne al verosimile del romanzo, sono invischiati in questo procedimento. Non sono veri, ma sono verosimili. Umberto Eco, in tutto il Cimitero di Praga, sfuma questo tema – o sottotema – concentrandosi sulla falsificazione in sé dei documenti. Ormai interessava solo abborracciare qualcosa che permettesse di essere usato contro la minaccia dell’antisemitismo.
Eppure questa verosimiglianza, che riguarda I protocolli, è ciò che concerne la razza semita. La razza semita è infatti quella cosa che vuole semitizzare il mondo. Lo si vede tanto dal cristianesimo quanto dall’islamismo. Esiste il falso perché esiste il vero. Il falso esiste solo in quanto copia del vero. Se I protocolli sono un falso (come infatti è vero che siano), la Bibbia e il Corano sono i “veri” Protocolli.

L’arte di leggere

Fissare adesso gli smartphone, sia che si cammini sia che si stia seduti, è ritenuta “cosa da zombie”. Analoga impressione quando l’arte di leggere era agli inizi? Ricordare quanto Agostino fosse colpito dall’abitudine di Ambrogio di leggere silenziosamente; e ricordare poi i tentativi di Agostino per trovare una spiegazione. Essere assorbiti da qualcosa è l’arte dell’isolamento. Probabilmente l’uomo è ciò che deve essere consegnato a un isolamento – assoluto e fatale. Ma trovare il cammino verso questo isolamento assoluto è un’arte paziente, per la quale non è ancora giunto il tempo. Cioè il tempo finale. Le diverse ideologie vogliono forse nascondere una tale ricerca. Forse invece è ciò che deve essere sviluppato. Probabilmente nell’arte di leggere c’è qualcosa che va contro ogni logica. Leggere in qualunque modo; in qualunque modo si pensi di poter leggere? Conforta una definizione possibile di biblioteca: «La presenza di libri è abbastanza simile a una riunione di molte persone in silenzio che ci volgono le spalle.» (H. von Doderer, I demoni, Einaudi, Torino 1970, cap. II/18, p. 621). Bruciare i libri è accecare il mostro nella sua tana dei tesori raccolti.