Terraferma

Gli Italiani sono un popolo di bastardi. Il meticciato di quella razza non-razza è impresso nella lingua in un modo che viene sempre raggiunto da una piena luce abbagliante. Tutte le parole di quella lingua bastarda suonano l’essere meticcio del meticcio italiano. E tutte le brutte parole di quella lingua non-lingua di quella razza non-razza, come in un ritornello punk, suonano e crocchiano: “Meticcio d’Italia, niente futuro! Niente futuro in Europa per te!”
Una nazione di questo tipo è una nazione di predoni di ogni tipo. Una nazione di questo tipo è anche una nazione di predoni di parole.
La parola “terraferma” può funzionare da esempio.

La parola italiana “terraferma” suggerisce un tipo di terra che si oppone a un’altra, la cui caratteristica principale è quella di non essere ferma.
Nel folklore celto-germanico le isole sono spesso indicate come terre inizialmente “non ferme”, e che solo un atto magico di saldatura alla terra ha potuto, successivamente, rendere ferme in modo definitivo. A volte la lingua nomina il continente come “terra principale” (inglese mainland, islandese meginland); altre volte lo nomina come “terraferma” (norvegese e svedese fastlandet). Ma in entrambi i casi, è sempre fondamentale la presenza di un insieme di credenze tradizionali, da cui si proietta il carattere non fermo attribuito inizialmente all’isola, e giustifica la presenza di quella parola nell’insieme delle parole della nazione, che è allora il tesoro del popolo che abita quella terra.
La lingua italiana usa la parola “terraferma” senza quell’insieme di tradizioni che ne giustificherebbero la presenza. L’insieme di tradizioni in essa non presenti, spinge però a ricercare, là dove queste tradizioni sono presenti, la ragione di ciò che, lì, non si riesce a comprendere. A dispetto dei predoni, nelle parole ci sono sempre mille folletti che allacciano trappole pronte a scattare.
Vale la pena fare almeno due considerazioni:
1) L’Italia utilizza una parola che rimanda a tradizioni che non le appartengono.
2) Inconsciamente, l’Italia non si ritiene parte dell’Europa, riconoscendosi invece come terra fluttuante, cioè come isola in opposizione all’Europa. Infatti l’Italia non può riconoscersi come isola, ma può (inconsciamente) segnalare l’anomalia della propria posizione in Europa accogliendo nel suo maledetto vocabolario la parola che rimanda alle tradizioni alla quale essa non appartiene: le tradizioni popolari autenticamente europee e indoeuropee.
Così l’Italia, come “isola che non è”, attraverso una delle sue parole rubate, sembra non potere fare a meno che attendere il colpo che la separerà per sempre dall’Europa. Europa alla quale, per comunità di tradizioni, l’Italia non appartiene, non ha mai appartenuto e mai apparterrà.

Un leggero imbarazzo

In Sintesi di dottrina della razza (Hoepli, Milano 1941) Evola intende contrapporsi alla teoria nazista della razza, colpevole, secondo lui, di privilegiare il dato biologico a scapito di quello intellettuale. La razza dovrebbe così essere studiata da tre punti di vista:
     del corpo (campo di studi dell’antropologia);
     dell’anima (campo di studi della fisiognomica);
     dello spirito (campo di studi della scienza della Tradizione).
«Una perfetta trasparenza della razza come corpo, anima e spirito costituirebbe la razza pura».

Miguel Serrano risponde indirettamente a questa teoria in Adolf Hitler: l’ultimo Avatara: «Anche se si potrebbe accettare come un comodo elemento di esposizione la teoria delle razze dell’anima e dello spirito, di Evola e Clauss, alla fine non si rende necessaria, complicando unicamente le cose, servendo per parlare di razzismo tra genti troppo mescolate e popoli meticci, senza arrivare a ferire i loro sentimenti, giacché un mulatto, o un indio, tra noi potrà sempre pensare che sebbene il suo corpo sia di colore, la sua anima potrebbe non esserlo. Nasce il sospetto che tutto fosse stato inventato da Evola per parlare di razza agli italiani del sud ed allo stesso Mussolini.»

Questi testi sembrano ruotare intorno a una questione che non viene mai affrontata esplicitamente. Sono scritti come per “mettere le mani avanti”. Eppure ruotano intorno a una questione, e meno si ha a che fare con pregiudizi soliti, più si comincia a percepirne appena il sussurrio: “Sono di razza bianca? Sono veramente di razza bianca… gli Italiani?”

J. Evola, Sintesi di teoria della razza, Edizioni di Ar, Padova 1978, p. 49.
M. Serrano, Adolf Hitler, l’ultimo Avatara, Edizioni Settimo Sigillo, 2 voll., Roma 2010, I vol., p. 120.

Da dove arriveranno i nuovi boia?

R.J. Lifton (I medici nazisti, Rizzoli 1988), libro che deve essere sempre pensato con attenzione, collegava la possibilità che avrebbe una società di procurarsi i boia alla struttura dei medici. Il testo riconosceva tale possibilità operante soprattutto nei campi di concentramento nazisti e durante il genocidio degli Armeni ad opera dei Turchi.
Ma è possibile una nuova origine. I nuovi boia andrebbero trovati nelle varie fasce di una società che autenticamente abbia lasciato dietro di sé il cristianesimo.
La pallottola caricata a salve e la falsa iniezione letale mostrano quanto sia ancora lontana una società in grado di creare da sé i nuovi boia, e quanto sia ancora radicato il virus del cristianesimo.
Manca una sana educazione all’arte sana del boia. Il boia è colui che agisce in nome di Dio. È Dio che chiede la soppressione di alcune razze. Razze che Dio ha posto nella creazione solo perché una società riconoscesse poi il dovere di sopprimerle – e quindi chiamasse in sé i nuovi boia.
Per come la vedo io, disprezzare un Indio, uno Zingaro, un Italiano non è fare torto a un essere umano, ma è rispettare Dio. Dio (questo grande burlone, grande artista e grande aristocratico) ha creato le razze degenerate non per un errore, ma perché gli uomini giungano alla conoscenza; dimostrando così di essere pronti per l’epoca del grande disprezzo. Epoca che porterà gli uomini all’arte fra tutte più vicina a quella divina: la consapevole soppressione di una parte della creazione divina e infine dello stesso concetto di “Dio”. Ma arte consapevole e gioiosa. Epoca nella quale gli uomini potranno manifestare, con tali azioni, frutto della conoscenza, la giusta ammirazione per la creazione divina.

Europa, ovvero la terra minacciata

Si parla tanto di una Europa minacciata dall’islamismo. Una minaccia si aggira per l’Europa. Non è la prima volta che succede. Era già capitato con il comunismo.
L’islamismo è il perfezionamento del cristianesimo. Così come il comunismo è il perfezionamento del cristianesimo.
Guardando la cosa dal punto di vista della storia delle religioni, la minaccia per l’Europa è rappresentata dal monoteismo.
Parlo di una minaccia stanziale, solidamente radicata sul territorio, tesa a rivendicare una tradizione, non di una minaccia nomade.
L’ho già detto altre volte: l’Europa deve scacciare da sé il dio degli Ebrei e il dio degli Arabi. Deve scrollarsi di dosso il monoteismo semita e ritrovare le proprie origini politeistiche, cioè ritrovare il vero politeismo della razza bianca celto germanica.
Solo allora, dopo il sogno di questo passaggio, l’Europa potrà veramente fare i conti con l’altra minaccia semita: il comunismo.
L’Europa deve solo fare i conti con la razza semita.