I molti mondi di PKD
Quello che, da parte di Philip K. Dick, può essere ricondotto alla teoria dei molti mondi riguarda la possibilità di una pluralità di mondi, oggettivamente organizzati da una mente divina, come si evince dal testo “Se vi pare che questo mondo sia brutto, dovreste vederne qualche altro” (in Philip K. Dick, Mutazioni, conferenza del 1977 reperibile anche su You Tube), ma a beneficio di chi, possiamo adesso chiederci? – ora possiamo dire che PKD è stato tradito dal suo stile sempre trasandato, che ha fatto sì che non si guardasse giammai le spalle dai falsari orecchini di appena qualche Gide/25, come invece aveva fatto Lovecraft, scrittore a lui di gran lunga superiore – visto che PKD si è limitato a scrivere tanti spiccioli romanzetti idioti quanto spicciolamente democratici.
1. Dare forma al mondo
Modulare la scala di Dick Maggiore è modulare la scala di Dick (PKD) in modo maggiore rispetto a quanto da lui impostato, nonostante l’Esegesi (cioè la parte pubblicata da Pamela Jackson e Jonathan Letham con questo titolo), che è senz’altro la parte più alta da lui composta. Se un romanziere si limita a raccontare storie non fa che perdere tempo, evitando di fare il proprio mestiere. Il nazismo ha presentato la questione di dare forma al mondo, che è la questione che allaccia cosmogonia e cosmologia, cioè dare forma al mondo e pensare la forma che il mondo “potrebbe avere se…” – ma che è appunto la cosa che PKD non ha mai pensato, come si evince dal modo in cui egli ha posto il nazismo, quale vincitore della Seconda guerra mondiale, a base del suo romanzetto L’uomo nell’alto castello. PKD ha così intagliato un mondo di fantasia in cui il nazismo ha vinto la guerra, con la logica dell’arte dei nativi della Costa del Nord-Ovest, che forse aveva intravisto, senza avere mai pensato la possibilità di un mondo in cui il nazismo abbia davvero vinto la guerra, così come non aveva mai pensato un altro modo di vedere, poiché era solo uno scrittore mediocre, senza la bellezza che ha permesso a quei nativi americani di intagliare quello che adesso si vede solo nei musei etnologici dall’Alaska alla California e in Canada. Il tono di dare forma al mondo è ciò che apre al mondo, cioè alla comprensione del mondo in quanto unico mondo disponibile. Il romanzetto in questione si apre col modesto individuo Robert Childan quando apre il suo negozio, che è il migliore di quel settore, cioè il negozietto “Manufatti artistici americani”, specializzato in oggetti di antiquariato/modernariato ad uso quasi esclusivo di un pubblico giapponese, nella città di San Francisco, presente solo a causa della vittoria di Giappone, Italia (la maledetta Italia, come mi diverto sempre io a chiamarla, perché sempre quella è rimasta) e Germania dopo la Seconda guerra mondiale, che ha diviso il vecchio territorio degli Stati Uniti in due grandi zone a partire dalle Montagne Rocciose: zona occidentale sotto il governo del Giappone, zona orientale sotto il controllo della Germania. Il modesto e impacciato commerciante Robert Childan rappresenta il tentativo di composizione di questa frattura, perché cerca di essere in ottimi rapporti con i giapponesi, senza rinunciare alla sua origine americana – origine di cui egli sembra sempre, comunque, andare in cerca. Ma il meticciato è solo meticciato. Dare forma al mondo è il gioco che collega l’arte di Tolkien alla forma d’arte di PKD; mentre l’arte di dare forma al mondo è ciò che allontana questi due più che lontani scrittori. E infatti Tolkien ha salutato la vittoria sul nazismo, che sempre si è augurato, in un modo che, come dovrebbe sempre fare uno scrittore, chiama al pensiero, non decidendo: «[…] non sono del tutto sicuro che una vittoria americana a lunga scadenza si rivelerà migliore per il mondo nel suo complesso piuttosto della vittoria di –» (J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973, traduzione di Cristina De Grandis, Bompiani, Milano 2001, p. 76). Il trattino di Tolkien indica appunto ciò che è da chiamare di nuovo, a partire dalla rovina che deve spingere alla nuova ripresa della battaglia, che sarà sempre la ripresa della battaglia per il mito. PKD scrive il suo malaugurato romanzetto interamente dopo la sconfitta del nazismo (prima edizione del romanzetto: 1962). Il nazismo ha cercato di dare forma al mondo. Dare forma al mondo comportava stabilire chi ha diritto di vivere e chi deve invece essere soppresso. La soppressione di zingari ed ebrei era solo il primo passo verso la composizione della nuova Europa, che era il vero compito del nazismo, compito che avrebbe comportato la soppressione del meticciato presente nella vecchia Europa, rappresentato dal meticciato slavo, di tipo mongolide, e dal meticciato latino, di tipo negro-semitoide, e la cui scomparsa avrebbe aperto al Nuovo inizio dell’Europa, cioè l’Europa della razza bianca, per cui il nazismo si poneva come ciò che era stato chiamato a restituire l’Europa alla razza bianca d’Europa. Ma il nazismo ha rappresentato il pericolo, da parte di ciò che è umano, con l’incontro con il mito, che è appunto ciò che il nazismo presenta come ritorno del mito. E che gli umani non sono più in grado di avere a che fare. In questo romanzetto, PKD nasconde tanto questo pericolo quanto questo incontro, che è quello che vediamo come Hitler in quanto continuazione del mondo classico, e Himmler in quanto fautore del nuovo inizio, che deve riportare integralmente il mito nel mondo. È importante stabilire a questo punto il collegamento con Tolkien: il mondo viene dotato di forma, ma si stabilisce chi ha diritto di abitarlo e chi deve essere escluso, cioè soppresso. Gli Orchi sono le forme viventi che, nell’opera di Tolkien, devono essere soppresse. Ricordare come, secondo Tolkien, gli orchi sono stati ottenuti. «Gli orchi sono degenerazioni della forma umana degli elfi e degli uomini. Sono (o erano) tozzi, larghi, con il naso piatto, la pelle giallastra e bocche larghe e occhi obliqui: una versione in brutto dei tipi mongoli meno gradevoli a vedersi (per gli Europei).» (J.R.R. Tolkien, La realtà in trasparenza. Lettere 1914-1973, Rusconi, Milano 2001, lettera 210 a Forrest J. Ackerman, giugno 1958, p. 309). Giunge il momento in cui nella Terra di Mezzo compaiono gli Elfi. Melkor ne è al corrente e fa in modo di irretirli. Ne rende alcuni schiavi e, dopo vari tentativi, crea la razza degli Orchi: «Fu forse questa l’azione più abietta di Melkor, e la più odiosa a Ilúvatar.» (p. 55) e a p. 326 si dice: «[…] gli sconci Orchi che sono contraffazioni dei figli di Ilúvatar» (J.R.R. Tolkien, Il Silmarillion, a cura di Christopher Tolkien, traduzione di Francesco Saba Sardi, Rusconi, Milano 1986). La pura contraffazione della forma divina è ciò che lo gnosticismo riconosceva nella forma degli esseri ilici, che devono solo essere forme vuote destinate alla soppressione. Johan Chapoutot ha precisato l’importanza che le rovine avevano nella costruzione dei monumenti durante l’epoca nazista. «Da tutto questo si ricava l’impressione che ciò che importava a Hitler, sin dall’inizio, fosse meno la vita che non la morte: non la realtà effettiva, le opere e i giorni, in breve l’amministrazione di un Reich millenario, ma la memoria e le rovine di un impero, preoccupazione estetica, memoriale, addirittura metafisica più che politica.» (Johan Chapoutot, Il nazismo e l’antichità, traduzione di Valeria Zini, Einaudi, Torino 2017, pp. 397-98). L’alternativa è paradossale: «[…] ciò che è costruito nell’edificio, è la distruzione dell’edificio stesso» (pp. 398-99). Questo è perché il nazismo si costituiva in quanto nuova battaglia, ma che era ancora tutta da venire, vale a dire: mito. Mito che deve ritornare per chiamare alla nuova battaglia. Ciò che può costruire qualunque cosa, nella stessa ideologia dominata dal meticcio, è solo il richiamo alla nuova battaglia, che sarà possibile solo con l’edificazione delle nuove rovine, che, soltanto, erano in grado di chiamare alla nuova battaglia. Questo è ciò che apre alla possibilità dell’entrata in gioco dei falsi, che è ciò che chiama l’arte del falso, che sarà ciò che può mettere in pericolo l’impresa di Robert Chindal fino a spingerlo, verso la fine del romanzetto, a cambiare genere di oggettistica trattata dalla sua impresa. Comunque la si pensi su questo mediocre romanzetto di PKD, questo mediocre romanzetto è di gran lunga superiore al “romanzetto”, più che falso, di quell’autentico meticcio italiano che è stato il meticcio italiano Umberto Eco (ve lo ricordate, quel meticcio italiano?), parlo del romanzo Il cimitero di Praga, perché il fatto di scrivere un romanzetto è ben diverso dal fatto di scrivere anche lo stesso “romanzetto” con la convinzione di scrivere un romanzetto – e comunque un meticcio italiano ha quella particolarità che lo costituisce, nella sua più che parca porca autenticità, sempre in quanto arte di un falso in grado di imporsi a dispetto di ogni originale, perché ciò che costituisce la differenza è ciò che determina, appunto, il meticciato, ossia ciò che distingue ogni volta il disgustoso meticcio italiano, che ha la sua specificità di “razza” (= antirazza), che ne determina l’autenticità nella falsità, che è autenticità, che sempre deve essere rilevata, che è poi la puzza di esistere che sempre lo contraddistingue, vale a dire ciò che ne costituisce, proprio grazie alla sua falsità, l’inaudita, irrimediabile e sinistra, disgustosa galleggiante falsa autenticità. Vale a dire: la puzza di esistere. Non si è sempre detto che, per distinguere l’arte, ci vuole naso? Così possiamo dedurne che Glasperlenspiel è allora il GPS adatto per muoversi in campi di questo genere. Se, per voi, che leggete qui, leggere una terzina del disgustoso meticcio italiano Dante Alighieri non vi dà nausea di alcun genere, io non ci posso fare niente, perché vuole dire che l’immunità contro l’arte degenerata non vi è pervenuta come immunità dalla nascita. Ciò che il nazismo si è sempre posto come fine è stato restituire l’Europa alla razza bianca d’Europa – che è ciò che determina il verso della relazione, alla quale, a quanto pare, voi non appartenete. Scrive PKD sui lettori di fantascienza: «Eppure… la SF è una forma d’arte sovversiva e ha bisogno di scrittori e lettori con pessime abitudini, come quella di chiedersi “perché?”, “come mai?”, “chi l’ha detto?”. Questi interrogativi nei miei scritti si sublimano in: “è reale l’universo?”; “siamo tutti davvero umani, o alcuni di noi sono solo macchine dotate di riflessi?”.» (“Introduzione a ‘The Golden Man’”, in Mutazioni, pp. 116-7). Per cui la domanda da porsi, per uno scrittore di fantascienza che vuole scrivere un romanzo sul nazismo, come identificato da PKD, dovrebbe essere del tipo: “… e se i nazisti avessero avuto ragione?”. PKD ricorre, per pubblicare i suoi scritti, a ciò che adesso si definisce “paraletteratura”, romanzetti di fantascienza; ignorando ciò che è, a dirla con Hölderlin, Dichterberuf. Ma qual è il rapporto tra i due tipi di parole che noi conosciamo (paraletteratura, Dichterberuf)? Ciò che apre non è qui ciò che chiude, perché è ciò che chiama al ritorno, cioè alla ripresa della battaglia. Chapoutot ha indicato come i monumenti nazisti venissero pensati come ciò che, in quanto futuro ammasso di rovine, avrebbero chiamato alla nuova battaglia. Il richiamo alla nuova battaglia è sempre il ritorno del mito, in quanto ritorno del mito in quanto mito che, in questo caso particolare, è stato al potere. Così il mito può imporsi, adesso, solo in quanto pericolo del mito, e il nazismo è stato il pericolo del mito in quanto pericolo del ritorno del mito, cioè del mito al potere; ma quanto, di tutto questo, entra nel romanzetto di PKD, cioè entra in esso in forma di mito? PKD confonde nazista e antinazista in un unico atteggiamento: «Anche gli ebrei tedeschi parlavano tedesco… e ricordatevi che un fanatico sionista ruppe una mano a un violinista ebreo con una spranga di ferro perché il musicista aveva osato suonare un brano di Richard Strauss durante un concerto in Israele… È o non è, questo, un comportamento identico a quello delle camicie brune negli anni trenta?» (“Il nazismo e ‘The Man in the High Castle’”, in Mutazioni, p. 152). Questo è ciò che del nazismo entra nel romanzetto di PKD L’uomo nell’alto castello. Quello che PKD rappresenta nel mondo alternativo del romanzetto L’uomo nell’alto castello è la decameronizzazione del mondo, che ha vinto, costituendo il mondo vero, il mondo dove il meticciato ha vinto e domina, ma ciò che veramente ha vinto, nell’Asse rappresentata da Germania, Italia (la maledetta Italia), Giappone, è l’Italia del meticcio italiano Giovanni Boccaccio e della decameronizzazione, che è sempre quello che si vede negli aspetti peggiori dell’arte narrativa, anche nella più che mediocre arte narrativa di PKD, poiché PKD non sa di essere un personaggio di un suo mondo inventato. Non vedete il finocchietto Pier Paolo Pasolini, quel disgustoso meticcio italiano (finocchietto), che vi sorride e vi fa l’occhiolino di entrare? La grossolana arte del finocchietto Pier Paolo Pasolini, quel disgustoso meticcio italiano (ribadisco io), era la stessa grossolana arte utilizzata dal meticcio italiano Giovanni Boccaccio, e prima ancora dal disgustoso meticcio italiano Dante Alighieri, perché un meticcio può solo imbastardire. E gli italiani sono solo bastardi che possono solo imbastardire tutto il mondo, se lasciati liberi di andare in tutto il mondo.
2. I personaggi che non hanno importanza
Qualunque forma di incontro, in Europa, con un portatore di caffettano deve dare il voltastomaco, la stessa cosa che, nel Mein Kampf, viene presentata come il primo incontro con un portatore di caffettano a Vienna, che, in quel periodo, non poteva che essere un ebreo, si presenta adesso in forma diversa in tutta Europa; il meticciato è il portatore eterno di caffettano, si tratti di un ebreo, di un arabo o, come adesso, del più sempliciotto e striminzito italiano di merda, è sempre il meticcio mediterraneo, la cosa che non si doveva lasciare allignare in Europa, ma che si incontra sempre più frequentemente in tutta Europa, con sempre più diritto di ascolto. Il meticcio italiano è la cosa che, formalmente, non indossa il caffettano, quindi non può essere definito “portatore di caffettano”, ma solo dal punto di vista della forma, perché, dal punto di vista della sostanza, l’italiano è il perfetto “portatore di caffettano” della nostra epoca, cioè la cosa che, pur non indossando il caffettano, si comporta come il “portatore di caffettano” della nostra epoca, cioè la cosa che deve essere scacciata dall’Europa. Quando si incontra un meticcio italiano in Europa, comunque il meticcio si comporti, non rimane che porsi la domanda silenziosa: “Che cosa vuole, questo bastardo di italiano (cioè questo nuovo portatore di caffettano, riconoscibile appunto in quanto non portatore di caffettano), adesso, di nuovo, in Europa, per ripetere quello che una volta faceva il portatore di caffettano? Vale a dire: Che cosa vuole, questo bastardo di italiano, in Europa?”. Vediamo che, nell’arte dubbia e primitiva, quanto si vuole, di PKD, i personaggi non sono importanti. Eppure i personaggi sono la cosa fondamentale di quell’arte gretta e spicciola (pulp, denominata appunto) di cui egli è diventato presto la sgradevole icona. I personaggi non sono importanti perché il grado due nella scala tonale non è molto importante. I personaggi devono invece richiamare la misurazione quantistica come modo superiore di interpretazione. I personaggi di Dick sono appena abbozzati, per questo bisogna scavare a fondo, non solo nelle rughe della psicologia, per andarli a trovare, ruga per ruga. La divisione delle tre forme di esistenze secondo i valentiniani: spirituali, psichici, ilici. Gli ilici rappresentano l’aspetto più interessante. La sola immagine della divinità non è sufficiente a garantire la sacralità della figura umana, ma anzi dimostra la sua mancanza di divinità, essendo, essa, pura immagine, qualcosa come una carcassa. E chiama la distruzione di quella contraffazione della divinità. Ma questo è pensare proprio al di là di Dick. Il romanzo è un genere fatto per occuparsi solo di individui, perché è un genere che non sa come occuparsi della razza. Ci vuole una nuova forma di romanzo che comprenda ciò che deriva dalla Storia (Geschichte, secondo la terminologia di Heidegger) e non più dalla storiografia (Historie, secondo la terminologia di Heidegger) – questo è ciò che dico e ridico da sempre in questo mio sito, dove sparo a vista sul disgustoso meticcio italiano. Perché finché un solo italiano si troverà in Europa, l’Europa non sarà mai la terra della razza bianca.
3. I due libri
Due libri sono ricorrenti nel romanzetto del tutto inutile di PKD dal titolo L’uomo nell’alto castello: I Ching, che rappresenta la sincronicità di un istante dell’universo; La locusta si trascinerà a stento attribuito a Hawthorne Abendsen, che rappresenta la possibilità di una coesistenza di universi paralleli. Questi due libri rappresentano il mondo nella forma di Intensione/Estensione. Rappresentano la possibilità della distinzione tra grado maggiore e grado minore. Che però, nel romanzetto, che è qui il romanzetto del modesto scrittore PKD, contenente il romanzetto di Abendsen, vengono abilmente presi e confusi. Quasi tutti i personaggi del romanzetto di PKD consultano l’oracolo del romanzetto di Dick, (che però è un libro autentico) mentre solo alcuni personaggi, nel romanzetto di Dick, leggono il romanzetto, in esso contenuto, La locusta si trascinerà a stento. L’oracolo viene consultato, mentre il romanzetto viene leggiucchiato, oppure letto in tutta fretta, coma fa Juliana, che pure trae, da quel modesto romanzetto, il massimo che esso, come romanzetto, poteva offrire, cioè il rimando agli altri libri, ma che qui è solo il Libro dei Mutamenti. Due libri sono appunto ricorrenti nel romanzetto L’uomo nell’alto castello di PKD: il Libro dei Mutamenti, libro reale, che, stando allo stesso romanzetto, fornisce le risposte; La locusta si trascinerà a stento, libro immaginario, che fornisce la domanda. Ma la domanda da porsi è chiedere perché, un piccolo scrittore così mediocre, come PKD, sia riuscito a imporsi, fino ad essere ritenuto uno degli scrittori più importanti e influenti della sua epoca, che in parte si profila ancora come la nostra epoca. Questo porta alle due parole, parola in quanto parola “anonima” di un best seller, parola in quanto Dichterberuf consegnata ai testi della letteratura. Che è ciò che porta a distinguere i due modi: il modo maggiore della letteratura e il modo minore della paraletteratura. Infatti, rispettando questa modalità è possibile, adesso, contrapporre PKD a Murakami Haruki, che, volendo, è un PKD che ha solo imparato a scrivere. Comunque, meglio avere a che fare con un giapponese ignorante come Murakami Haruki che con un italiano bastardo, almeno come la vedo io – mentre PKD deve sempre essere tenuto lontano da un vero scrittore come invece era H.P. Lovecraft.
4. Genette
Affinché vi sia il mito deve esserci un modo comune di parlare, che deve portare alla domanda circa il mito e il suo ritorno. Perché ci sia il mito come dominante, deve esserci una preparazione del mito, che riguarda la sottodominante, per cui, dopo, ci sarà solo il mito. Questo è ciò che è ciò che qui riguarda la Dominante. Infatti la letteratura fornisce la possibilità di una voce diversa, che legge la letteratura da un punto di vista diverso. (Gérald Genette, “Verosimiglianza e motivazione”, in Id., Figure, I, traduzione di Franca Madonia, Einaudi, Torino 1972, pp. 281-305.)
5. L’arte come dominante
Il tema “Dare forma al mondo” è il mito, che in PKD non compare mai, perché il mito è ciò che non compare mai nei romanzetti di qualunque tipo essi siano, compreso il romanzetto L’uomo nell’alto castello; per quanto il “romanzo” Le vergini delle rocce del meticcio italiano Gabriele d’Annunzio tratti proprio di un mito di questo genere molto assai stravagante. Il prosciugamento del Mediterraneo e la soppressione dell’Africa sono i punti fondamentali di questo romanzetto di PKD, ai quali non si è fatto caso. Ma proprio PKD non aveva intenzione a svolgere questa possibilità. «Per questo mi piace la SF, amo leggerla e scriverla. Lo scrittore di SF non intravede semplici possibilità, bensì possibilità bizzarre. Non un banale “e se…?”, bensì un “oddio! E se…?” in preda alla frenesia e all’isteria.» (“Introduzione a ‘The Golden Man’” in Mutazioni, p. 125). Qui si vede la distanza fra PKD, mediocre scrittore di romanzetti di fantascienza e il meticcio italiano Gabriele d’Annunzio. Dei tre aspetti viventi contemplati dallo gnosticismo, gli ilici sono l’aspetto più interessante. La sola immagine della divinità non è sufficiente a garantire la sacralità della figura, ma anzi dimostra la mancanza di divinità nell’immagine, essendo, essa, una cosa relativa a una pura immagine. E proprio per questa ragione, cioè essere solo un’immagine della divinità, gli ilici meritano la totale distruzione. Per questa ragione mandare via gli italiani dal mondo è restituire l’Europa alla razza bianca d’Europa.
6. Il fantasma della terra
Rudolf Wegener è il nome del personaggio che, nel romanzetto di PKD in questione, chiama una nuova teoria della composizione della terra, cercando di salvare il Giappone dal complotto che lo voleva annullare, nello stesso modo in cui aveva fatto Alfred Wegener con la teoria della deriva dei continenti? Che cosa fare della “terra” nella terra che è stata occupata dal meticcio, dopo che il meticcio è stato cancellato da quel luogo, e quindi dopo che il concetto <terra> può essere riproposto come cosa da pensare di nuovo? Nel romanzetto di PKD si parla di un Mediterraneo completamente prosciugato e di un’Africa in via di completa desertificazione. Malgrado questo, PKD non aveva capito niente di quello che era il progetto nazista, visto che PKD era solo un mediocre scrittore di piccoli e spiccioli romanzetti idioti (qualcosa come il meticcio italiano Umberto italiano con i suoi romanzetti). Il disprezzo è conoscenza in quanto dà accesso a ciò che è il meticciato, che è quanto si rivela nella sua più pura boccaccesca pseudonatura, perché noi conosciamo il meticciato solo grazie all’“arte” – che è arte degenerata – come arte giunta, fra gli altri, dal meticcio italiano, e mediocre scrittore, Giovanni Boccaccio, arte che, senza il disprezzo, non si potrebbe mai conoscere nella sua vera natura, perché si conoscerebbe solo il concetto di “uguaglianza”, imposto dal cristianesimo, che non prevede l’arte degenerata, che chiama ciò che è razza degenerata – per cui, adesso, possiamo dire che esiste l’arte degenerata solo perché esiste la razza degenerata – che è la vita indegna di vivere, ma che pure viene lasciata in vita. La desertificazione dell’Africa, appena accennata da PKD nel suo romanzetto, che pure è il tratto più vivo, nel suo plumbeo romanzetto di fantascienza, deve includere: la soppressione delle forme meticce (generalmente definite “umane”) presenti nel luogo impropriamente definito “terra”; la soppressione delle forme “animali” presenti nel luogo impropriamente, fino ad allora, definito “terra”; la soppressione del luogo stesso, fino ad allora, impropriamente definito “terra”, che era servito come sostegno per le forme meticce e animali; lo sprofondamento della piattaforma impropriamente, fino ad allora, chiamata “terra”. Queste tre forme di annullamento si collegano alle tre forme dell’essere umano secondo lo gnosticismo. Dare forma al mondo, a questo punto sarete d’accordo, è cancellare le brutte forme del mondo del meticciato dal mondo. Il mondo della scarsa narrativa di PKD è infatti una non-terra che, in quanto tale, non chiama mai il suo abitante. La terra, nei romanzetti di PKD, è solo pallida squallida superficie dove alcuni individui possono essere latori di un messaggio di salvazione, prendersi cura di animali elettrici, ma dove mai, in nessun caso, la terra è qualcosa che può scegliere il suo abitante.
7. Sensibile alle storie
Il romanzetto L’uomo nell’alto castello di PKD comporta diverse storie più o meno simultanee: la storia dell’operazione Dente di leone, che comporta la storia di Baynes/Rudolf Wegener; la storia di Juliana, che comporta l’uscita dal romanzo, con la scoperta che l’oracolo ha scritto il romanzetto perché è vero; i due mondi (Tempo fuor di sesto) e il mondo unico (L’uomo nell’alto castello): niente via d’uscita, perché nel mondo unico non c’è il mito; la storia del romanzetto La locusta si trascinerà a stento scritto dal Libro dei mutamenti; la Via del centro mobile, che è la via che permette a Juliana di porre la domanda all’oracolo: perché hai scritto il romanzetto La locusta si trascinerà a stento? Domanda alla quale l’oracolo risponde: “Perché è vero”. Juliana lascia la casa degli Abendsen e pensa a come tornare al motel. Il mondo vero, in cui è stato pensato e scritto il romanzetto L’uomo nell’alto castello, è il mondo vero, in cui Germania, Italia e Giappone hanno perso la guerra; il mondo nel quale si muovono i personaggi del romanzo L’uomo nell’alto castello è un mondo di finzione, in cui Germania, Italia e Giappone hanno vinto la guerra. La domanda che allora si pone è: “Da dove viene la risposta dell’I Ching?” e come può influire in rapporto ai personaggi del romanzetto L’uomo nell’alto castello? Ragle Gumm in uno dei due mondi concentrici, aveva la possibilità di passare dall’uno all’altro, anche grazie agli aiuti che gli permettevano di “ricordare”, giungendo così a decidere in quale mondo vivere – egli infatti finirà di scegliere di vivere nel mondo più che esterno a quello creato per lui, unendosi ai ribelli della colonia sulla Luna, che lanciano razzi sulla Terra. In presenza di due mondi, il centro è unico: RG è l’unico centro del suo mondo, perché tutto quel mondo è stato creato intorno a lui, ma senza un centro stabilito, il Centro è un punto mobile che chiunque deve trovare per conto proprio, è la Via che Childan, Tagomi, Juliana inseguono. Juliana torna nel suo mondo, e infatti, appena uscita dalla casa degli Abendsen, cerca un mezzo qualsiasi per tornare al motel. Differenza tra Tempo fuor di sesto, che prevede due mondi concentrici. L’uomo nell’alto castello prevede un solo mondo, quello in cui Germania, Italia e Giappone hanno vinto la guerra, e un centro estremamente mobile, che rappresenta la Via, e che diversi personaggi del romanzo cercano di attirare dalla loro parte per poter vivere nella condizione di centro del mondo. La questione è la funzione della narrativa, anziché della spicciola “letteratura”, che è ciò che lega la parola alla lingua in quanto Dichterberuf. La scelta di Ragle Gumm come scelta che comporta la scelta di combattere contro la propria razza – quando la razza è solo ciò che non richiede scelta. La storia come punto sensibile che porta alle storie rivela il gruppo di personaggi implicati nella sporca storia (storia spazzatura), che è la storia della espansione del meticciato nel mondo. Ma quello con cui dobbiamo fare i conti adesso sono gli zombie ardeatini, dobbiamo affrontare gli zombie, le sporche carcasse che schizzano su dalle Fosse Ardeatine. So che, ogni volta che tornerò a casa di notte, rischierò sempre di trovarmi davanti le carcasse-zombie di quegli italiani di merda schizzati su dalle Fosse Ardeatine, luride carcasse di merda di italiani di merda, zombi caracollanti come nel filmato del negro bianco Michael Jackson, e infatti, da allora, sto sempre chiuso in casa: se io fossi vissuto in epoca nazista, col cazzo che avrei fatto parte della Resistenza di voi, bastardi italiani di sinistra. Sarei stato dalla parte dei nazisti, cioè della razza bianca. Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Dio stramaledica l’Italia! Fine. Come? Fine.
Philip K. Dick, L’uomo nell’alto castello, traduzione di Marinella Magrì, Mondadori, Milano 2022
Philip K. Dick, Mutazioni. Scritti inediti, filosofici, autobiografici e letterari, a cura di Lawrence Sutin, traduzione di Gianni Pannofino, Feltrinelli, Milano 1997