Lacoste

C’è qualcosa di perverso nell’impulso allo studio. Senza volontà di fare a pezzi non c’è attività di studio. Lacoste: sogno di una antropologia della Terra della sera. Come in una biblioteca, riunire i campioni delle razze che portano al piacere della classificazione. Béla Bálasz diceva che uno dei meriti del cinema sarebbe stato quello di fare conoscere i volti delle razze più lontane e diverse. Il cinema ha fatto conoscere solo i volti tutti uguali e belli dei divi. Sono tutti belli i volti degli uomini, ma senza volontà di fare a pezzi l’oggetto dello studio non c’è attività di studio. C’è qualcosa di perverso nell’impulso allo studio. Ricordi ancora la poesia che Gilbert Lély ha dedicato a Lacoste?
Mancano i veri studiosi, i fanatici che vivono solo per la perversione dello studio; non le cavie (nell’epoca del mondo in cui le distanze si sono per magia contratte, non mancano mai le cavie).
Quando la classificazione è completa, passare alla eliminazione degli oggetti dello studio. Come fenomeno umano, un degenerato merita lo stesso interesse di una qualsiasi altra forma umana. Ma come forma degenerata, il singolo degenerato deve poi essere soppresso. Avere molto materiale a disposizione per i propri studi sconcerta lo studioso, lo fa delirare fino ad abbandonare la via giusta. Lo diceva Robert J. Lifton a proposito di Mengele. Mengele come il signore delle parole che soggiace alla sfida della totalità? La sfida che la letteratura pone al nuovo autore è di leggere tutti i libri del mondo e scriverne uno che li contenga tutti. In cosa ha fallito Mengele? Perché studiare il criminale, se non per potere poi, alla fine, eliminarlo? Non è la soppressione del degenerato ciò che pone fine all’ansia di conoscere irrimediabilmente tutto?
Non è l’attenzione a ciò che è degenerato la perversione dello studio? e non è la eliminazione del degenerato ciò che inaugurerà una forma diversa di conoscenza e uno studio privo dell’ansia di conoscere tutto?
Lacoste: il dominio ereditario. Silling: l’Enciclopedia al servizio dell’impulso estetico. Auschwitz: lo schiaffo ai pregiudizi moderni.
(La poesia rende liberi.)

Compito del poeta

Compito del poeta è rendere vere le parole della lingua. Per disposizione naturale egli è un cacciatore di parole moribonde. Appare sempre quando la lingua è nel punto del suo massimo pericolo. Le parole che non suonano più come vere sono parole che nascondono terre che una comunità ha imparato a disabitare. Capita così che il poeta faccia la parte di un criminale, di un lanciatore di parole eversive, di un terrorista del pensiero.

La storia sarà tutt’uno con l’arte di dimenticare

Credo in una prossima, inevitabile e lunga era di barbarie nuove, di libertà e libera sfrenata fantasia. Una contaminazione fra giustizia e sopraffazione la caratterizzerà. Compito dell’uomo sarà sempre quello di essere testimone della bellezza del mondo e di ringraziare Dio per la bellezza del mondo. La poesia e la filosofia saranno sempre gli strumenti attraverso i quali l’uomo ringrazierà Dio per la bellezza del mondo. Ma esse non consisteranno altro che in un tessuto fitto di bestemmie e di irrisione del divino. Sarà l’epoca in cui ci si avvierà a pensare in un modo nuovo. Una cosa sarà due cose e una qualità sarà l’intero opposto di se stessa. I filosofi si meraviglieranno di come sia stato possibile elaborare tante diverse teorie del pensiero a partire da una cosa tanto astrusa quanto ciò che veniva chiamato il principio del terzo escluso. Nella vita quotidiana le vittime di questa nuova era saranno innumerevoli, ma cadranno in nome di un impulso al gioco e alla spensieratezza che avrà molto, in quanto a essere nel mondo, dell’innocenza del bambino. Nessun monumento le richiamerà mai. Non ci sarà nessun giorno della memoria. La storia sarà tutt’uno con l’arte di dimenticare.

Le bestemmie di Sade

Affinché l’Europa ritorni ad essere la terra del nuovo compiuto politeismo della razza bianca (celto-germanica) c’è bisogno di un periodo di mantenimento del monoteismo e del cristianesimo e dell’ateismo più intransigente. È il periodo in cui le bestemmie di Sade avranno vita. Insultare la divinità nella quale non si crede può sembrare una contraddizione nei termini. Il dio semita scenderà per la prima volta nella terra d’Europa con la sua vera fisionomia di feticcio e di meticcio. A lui sarà ormai riservata la stessa sorte toccata agli dèi della razza bianca con il trionfo del cristianesimo: un po’ feticcio, un po’ meticcio; un po’ farà ridere, un po’ farà senso, un po’ farà pietà. Calpesterà una terra che non conosce con le sue goffe zampe di uccello preistorico. Ma nessun poeta riconoscerà mai nella sua camminata l’andatura del superuomo. Strillerà con tutte le sue bocche e i suoi becchi per farsi notare. Ricorderà un mostriciattolo cubista, un handicappato mongoloide, un odioso criminale qualunque, un degenerato, uno scimmione negroide, un migrante alla fine delle forze, un caso di teratologia, un caso di antropologia criminale, un primitivo abbandonato a se stesso in un deserto lontano. Sarà un compendio di tutto ciò che l’appena passata e stupida epoca moderna aveva considerato altamente degno di cura. Sarà vigliacco, perché vigliacchi erano stati i popoli meticci che lo avevano riconosciuto come loro dio. Ma combatterà per l’ultima volta contro gli dèi della razza bianca d’Europa.