Decameronizzazione

Sostengo che il film di Ettore Scola La più bella serata della mia vita (1972) equivalga ad una completa e riconosciuta decameronizzazione del racconto Die Panne (1956) di Friedrich Dürrenmatt.
Vediamo che l’attribuzione del soggetto a Friedrich Dürrenmatt compare nei titoli di coda del film, subito poco dopo l’inizio della lunga risata del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, che ci accompagna quando quel sordido personaggio precipita nel vuoto con la sua Maserati color aragosta, omologa della Studebaker guidata dal povero Alfredo (Traps) del racconto. Ogni decameronizzazione non è casuale, bensì obbligo di razza. Che cosa trascina il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi – infino a quel punto?
Si può dire che Boccaccio abbia “decameronizzato” tutto il mondo, così come Borges ha “gaucizzato” la letteratura di tutto il mondo. In che cosa consiste la differenza tra l’impresa del meticcio italiano Boccaccio e l’impresa del sudamericano Borges? Il meticciato è sempre tutto uguale dappertutto, si potrebbe dire, come tutta uguale è l’aristocrazia – ad ascoltare Nietzsche.
Cominciamo dalla caccia alla donna. È presente tanto nel racconto quanto nel film. Ma possiamo dire che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi si comporti come Alfredo Traps di quel racconto? Fra le due forme è avvenuta la decameronizzazione del mondo. Ad opera dei meticci italiani – che hanno invaso il mondo.
Ho detto che Alfredo Traps si comportava come la persona che, secondo Artaud, andava a teatro così come il borghese andava al bordello [https://www.terradellasera.com/nord/letteratura/friedrich-durrenmatt-la-panne.html].
Però possiamo adesso dire che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi insegue la motociclista in un modo del tutto diverso da come il borghese di Artaud andava a teatro, così come andava al bordello. O da come il povero Alfredo (Traps) pensava di avere a disposizione le donne di quei piccoli paesi nei quali si era trovato a fermarsi a causa di una panne. Perché? Perché in mezzo c’è la decameronizzazione del mondo ad opera del meticcio italiano (= meticciato italiano), che, appunto, ha creato quel triste vocabolo, che io qui propongo: “decameronizzazione”.
In che cosa consiste la decameronizzazione del mondo ad opera del meticcio italiano? In un costante rimpicciolimento del mondo. Rimpicciolimento del mondo a livello del piccolo meticcio italiano (che in questo film è rappresentato dal piccolo meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi.) Vediamo che al meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi è stata data l’occasione di andare a teatro così come prendere parte allo spettacolo del teatro della crudeltà nel teatro del castello del film La più bella serata della mia vita. Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi è sempre al centro di quello che poi si rivelerà essere stato nient’altro che uno spettacolo (ma a suo inganno). Lo spettacolo gli ruota attorno nella forma del castello-albergo che lo accoglie, della cameriera Simonetta e del boia cameriere Pilet che girano ossequiosi e formali sempre attorno a lui per servirgli i tanti diversi piatti; nella motociclista che compie diversi giri con la sua moto intorno al patibolo dove gli si sta per staccare la testa dal busto. Appunto come intendeva Artaud il suo teatro: teatro di forti emozioni. E, infatti, quando al meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi viene presentato il conto, c’è la specifica “forti emozioni”. Ma perché scomodare il teatro della crudeltà di Antonin Artaud per presentare uno spettacolo il cui pubblico è rappresentato dal più sempliciotto fra tutto ciò che può costituire pubblico, cioè dal meticcio italiano, quando noi sappiano che il meticcio italiano è proprio quel pubblico che va a teatro così come va al bordello (e quindi è il pubblico che non sceglierebbe mai di andare al teatro della crudeltà di Antonin Artaud, ma che, meno che mai, Antonin Artaud avrebbe voluto come pubblico del suo teatro della crudeltà?)
Il fatto è che noi vediamo, in questo film, il tipo del meticcio italiano che, per la prima volta nella sua triste vita, va a teatro, così come per la prima volta va al bordello.
Intanto vediamo che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi non ha solo l’occasione di andare a teatro (al teatro della crudeltà di Antonin Artaud), ma anche di andare al bordello. Da qui la vicenda con l’avvenente creatura biforme Simonetta/Motociclista.
Eppure proprio da questo episodio possiamo vedere che il film è costruito in base a due principi diversi: lo spettacolo del teatro della crudeltà, che ruota intorno al meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, l’inseguimento da parte del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi della motociclista, che non ha nulla a che vedere con il teatro della crudeltà (inteso come spettacolo che ruota intorno al suo spettatore).
Per adesso vediamo solo il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi che insegue la motociclista con stile autenticamente italiano (vale a dire di meticcio italiano), che Ettore Scola sembra avergli malignamente suggerito; cioè con tutta la grettezza del meticciato, in questo caso del meticcio italiano, tengo a rilevare, visto che il film è un film del meticciato italiano (inteso come film pensato da meticci italiani). Per cui dopo “malignamente” verrebbe voglia di metterci un bel punto interrogativo (= ?).
Eppure i personaggi di questo film sembrano essere tre: 1) il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi che parla e gesticola nella sua lingua natia di meticci italiani; 2) la motociclista che si fa inseguire, insegue, sorpassa ma non parla mai (capisce la lingua del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, lingua con la quale questo meticcio italiano si rivolge insistentemente a lei, che non lo considera?); 3) il giardiniere/boia muto, ma che alla fine, quando chiede la mancia, si scopre non solo non essere muto, ma comprendere benissimo la lingua del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi.
Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi insegue la motociclista sulle strade della Svizzera così come, nel sogno, il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi sarà portato dalla motociclista lungo i corridoi, le stanze del castello, i dislivelli fra sala e sala fino ad uscire dal castello e raggiungere lo spiazzo del patibolo, davanti ai pochi gradini che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi deve salire tutto solo, nella sua camicetta braghetta da notte. In quanto ospite del castello, il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi sale in alto; la motociclista che lo accompagna al patibolo deve infatti scendere piccoli dislivelli dall’alto in basso – per lo più. Il grande dislivello in senso contrario, dal basso verso l’alto, deve essere percorso da solo dal meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, che equivale alle scalette che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi deve salire per arrivare al punto dove ricevere la sua giusta ricompensa di razza: la pena di morte.
La motocicletta pone fine allo scorrere la terra da parte del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi. Infatti è qui che si ha la prima comparsa della motociclista (e, in quel momento, si ha l’identificazione del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi come elemento allogeno che era stato riconosciuto degno di essere soppresso, e quindi di essere condotto al suo giusto patibolo – che tanto lo aspetta quanto gli spetta).
Il patibolo che attende il meticcio italiano è sempre una cosa squallida. Nient’altro che una interruzione di strada, un cantiere che apre ad un viadotto in costruzione, portandolo sulla strada con lo scopo di lanciarlo fuori di strada, ma di portarlo sulla strada giusta che compete alla sua razza, cioè alla condanna a morte.
La terra ferita è la costruzione del viadotto dove si interrompe la strada.
För min del ho avuto una impressione delle strade che si interrompono solo in Groenlandia, quando le strade che partivano dai piccioli centri abitati, di colpo si bloccavano, lì nel pieno di una montagna e non andavano più avanti. Non c’era mai il salto nel vuoto.
Sopprimere il meticciato è, purtroppo, cosa che deve essere tuttora fatta di nascosto.
Però, mi viene da dire, che brutta fine ha fatto il mondo in mano al meticcio italiano.
Quando il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi fa cenno a un vigile lì vicino con l’intenzione di far rimuovere la moto che lo blocca, il vigile gli risponde con una frase che rivela l’avvenuta decameronizzazione del mondo ad opera dello scorrere la terra da parte del meticcio italiano (scorrere la terra che ormai avveniva da tempo), ma di cui il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi è parte integrante. Infatti il vigile svizzero risponde come un qualunque meticcio italiano potrebbe rispondere ad un altro meticcio italiano in una occasione del genere: “Non rompa i coglioni. Quando avrò tempo, sarò da lei.”
L’avvenuta decameronizzazione del mondo è perfettamente riconosciuta dal meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, nel sottotono che compete a un meticcio italiano che ha a che fare con un altro meticcio italiano, ma in divisa: “Ho capito, avrai ragione anche tu, però, porca Madonna, intanto questo mi blocca. In Svizzera mi sarei aspettato un atteggiamento diverso.”
Si pensa infatti mai a quella cosa, fatta per non pensare, che in ogni angolo d’Europa e del mondo, è il meticcio italiano? Io penso proprio di no.
Ma il problema è: chi è che condanna a morte, nel momento in cui la condanna a morte è stata abolita, tanto in terra svizzera, quanto nel posto da dove, scarafaggiosamente, schizzano i meticci italiani? (Tanto il racconto quanto il film sottolineano, da parte dei due diversi personaggi, l’abolizione della condanna a morte, così nella terra di Alfredo Traps quanto in loco di mestizo italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi.) E – soprattutto – perché questo strano tribunale si ostina a condannare a morte?
Perché questo tribunale di vecchi si ostina a condannare ad una pena così vecchia come la pena di morte?
Vediamo due condanne a morte: una nel racconto Die Panne di Friedrich Dürrenmatt, l’altra nel film di Ettore Scola La più bella serata della mia vita. Notare che questa battuta, “La più bella serata della mia vita”, nel racconto è pronunciata, amaramente, da uno dei quattro vecchi; nel film, è pronunciata, vittoriosamente, dal protagonista, il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, quando ormai aveva avuto piena visione di ciò che gli era capitato.
La questione è che, ciò per cui una volta si condannava a morte, e ora non si condanna più a morte, non può più essere ciò per cui, adesso, bisogna tornare a condannare a morte.
C’è un particolare, in questo film, che avvicina questa aula di tribunale alle aule che Kafka aveva fissato, nel Processo, su nelle soffitte: penso lo abbiate notato, il momento in cui il pubblico ministero sfoglia le riviste erotiche, richiamando Il processo di Kafka (e richiamando a noi, adesso, l’interpretazione dell’episodio che Deleuze e Guattari forniranno nel 1975 in Kafka. Per una letteratura minore: momento geniale dell’arte della lettura). Un piccolo wormhole, devo ammettere, a tutto favore di questo film, che è del 1972, film di questi fastidiosi meticci italiani, che instancabilmente scorrono e sgretolano tutta la terra intorno a loro.
Vediamo che tanto Alfredo Traps quanto il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi vengono condannati a morte, ma le risposte da parte di Alfredo Traps e di Alfredo Rossi/Alberto Sordi suonano diverse a partire dalle radici dei due personaggi.
Il fatto è – dico io – che la condanna a morte (ripristinata in modo tanto stravagante in quel tribunale nella sala da pranzo) sembra chiamare il principio della vita indegna di vivere per confermarsi come tribunale in grado di ripristinare a pieno diritto la pena di morte. Ma in quale modo? La cosa sconcertante è che questo principio venga riconosciuto proprio nel film italiano, che decameronizza il racconto Die Panne di Friedrich Dürrenmatt (se tocca a me, mi permetto di far notare: un film di meticci italiani che decameronizza in forma italiana un testo scritto in lingua tedesca, non pare, a loro, un tantino strano, per non dire strampalato? La decameronizzazione del mondo è comunque un autentico successo. È, se vogliamo, quel continuo successo che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi vuole depositare al più presto in una banca svizzera nella forma di cento milioni del peso di tredici chili che riempiono la borsa vuota che aveva portato dall’Italia apposta per quello scopo.)
Concentriamoci sulla presa in giro del vicino.
Alfredo Rossi, in quanto cittadino italiano, cioè in quanto cittadino radicato nel posto confinante con la Svizzera, non solo scorre la terra svizzera, ma prende in giro il suo vicino, che abita quella terra. Lo prende in giro continuamente, con i suoi mormorii, i suoi sfottò, i suoi atteggiamenti, il suo utilizzare in modo maccheronico una lingua che non conosce e che meno che mai vuole conoscere, mischiandola con la sua lingua madre di meticcio italiano, appunto con i suoi mormorii che non hanno senso. (Insomma, con il suo essere, con orgoglio, niente di più che quello che niente altro, semplicemente, egli è: un meticcio italiano, un meticcio italiano, un meticcio italiano.)
(Possiamo allora dire che questo meticcio italiano possiede una lingua? Mi sembra proprio potere dire di no.)
È soltanto un modo di fare cucina che permette di trarre da lì la figura del Conte ospite del castello. Infatti quando il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi viene introdotto nel castello, il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi viene introdotto nelle cucine del castello.
Come si raffronta, questo suo borboglio (borboglio di meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi), questo rimasticamento della lingua italiana, che è l’alingua italiana (nell’apostrofo consiste la lingua del meticciato) in quella terra dove predomina la lingua tedesca (cioè una lingua della razza bianca)? Sostanzialmente in due modi: con individui che non comprendono quella “lingua” (la motociclista, il boia), con individui che comprendono invece l’alingua italiana e che la padroneggiano perfettamente, non solo in quanto lingua (primo tempo), ma soprattutto in quanto l’alingua (secondo tempo), vale a dire i quattro vecchi che, nel castello, metteranno in scena il subdolo processo. Che, giustamente, doveva spacciare quel meticcio italiano.
Coloro che non comprendono l’alingua del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi hanno a che fare direttamente con la sua condanna a morte (la motociclista lo conduce ben due volte al patibolo: nel sogno, la prima volta; nella realtà, la seconda volta); coloro che padroneggiano l’alingua italiana hanno a che fare indirettamente con la sua condanna a morte, limitandosi a presentargli la sentenza di condanna di morte e il conto dei vari servizi offerti.
Giunti a questo punto, io sostengo, di non parlare più oltre de la lingua italiana, bensì de l’alingua italiana. Ma chi mi ascolterà mai, mi chiedo, tra lor signori?
Racconto e film presentano simmetrie che non possono essere lì per un caso maldestro. (Anche se il meticcio italiano, voi mi potreste far notare, è solo quella cosa che ad un certo tempo si trova ad essere lì per un men che amaro, più che amarissimo, cazzo di caso.)
L’utilizzo “maccheronico” di una lingua deriva da “maccheroni”, che insieme agli spaghetti sono il tratto che unisce quel disgustoso meticciato presente nella triste e falsa penisola italiana. Infatti il grandioso banchetto del film viene concluso dal grande piatto di spaghetti al pomodoro.
Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi è il meticcio italiano che scorre la terra. Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi scorre la terra per i suoi traffici tanto occulti quanto redditizi – prima di tutto, vediamo nel film, redditizi per lui.
Ma anche la Svizzera comincia a comprendere che il modo di scorrere la terra da parte del meticcio italiano è fonte di ricchezza, non solo per i meticci italiani, ma anche per gli svizzeri. E a questo impegno la terra si conferma come terra della sera, cioè come terra che dà addio al mondo. Non solo la Svizzera ha imparato ad arricchirsi osservando il modo di fare dei meticci italiani, ma ha imparato anche l’arte di prendere in giro coloro che le capitano anche per caso maldestro sotto tiro (che è quello che io, in uno dei primi esametri di questa epistola ho definito come “decameronizzazione”).
Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi sa che i suoi connazionali (i meticci italiani) scorrono la Svizzera rendendo quella terra sempre meno sicura di quanto quella terra non fosse prima. E lo ripete apertamente. Gli autori di questo film (tutti meticci italiani) confermano che la Svizzera è una terra resa meno sicura per opera di persone che non abitano la terra, ma che scorrono la terra (persone di origine italiana: meticci italiani, come appunto gli autori di questo film sono, meticci italiani).
Gli autori di questo film tradiscono il racconto di Friedrich Dürrenmatt quando il racconto parla di persone che scorrono la terra, ma rimangono estremamente fedeli a Friedrich Dürrenmatt quando Friedrich Dürrenmatt parla di un pericolo che deriva dal non essere stati attenti a ciò che avveniva sotto i loro occhi sopra la loro terra (mi riferisco al romanzo di Friedrich Dürrenmatt intitolato La promessa).
Stare attenti a ciò che avviene sulla terra è tenere d’occhio ciò che scorre la terra.
Il meticcio è quella cosa che non abita la terra, ma che ha in dono l’arte di scorrere sempre terra altrui.
Scorrere la terra è caratteristica del meticcio, così come occupare la terra è altra caratteristica di meticcio. Questo perché il meticcio non abita la terra. Il meticcio scorre la terra, oppure occupa la terra; ma il meticcio non abita mai la terra.
La difesa dal meticcio è la pena di morte restaurata.
Ma la pena di morte non deve più riguardare l’individuo, bensì la razza. Appunto il meticciato. Dobbiamo passare da Delitto e castigo a qualcosa d’altro che comprenda il genocidio come tema da pensare e assolvere. Ma questo non riguarda il racconto, bensì l’epica. Non vi sembra?
Tanto il racconto quanto il film parlano di un ripristino della pena di morte da parte di quei quattro vecchi.
Sappiamo che l’effetto di questo scorrere la terra è la decameronizzazione del mondo.
Un meticcio semina sempre e solo meticciato. Il Decameron del meticcio italiano Giovanni Boccaccio ha seminato meticciato (anche se solo nella letteratura). Così come prima aveva fatto la Commedia del meticcio italiano Dante Alighieri.
Quando il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi è pronto per lasciare il castello, il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi scopre che quel castello era in realtà un albergo di lusso, i cui servizi prestati gli vengono adesso fatti presenti nella forma di un conto da saldare.
Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi non sapeva di essere entrato in un albergo, pensava di essere ospite, come appunto un ospite è sempre stato il povero Alfredo (Traps) nel racconto Die Panne, a cui non sono mai stati presentati conti da pagare; il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi non sapeva niente di tariffe, fino a quando non ha visto ogni importo riportato in su lo conto.
Ma proprio in questo consiste la decameronizzazione del mondo. La Svizzera si è adeguata a tempo e spazio di meticciato, si è fatta terra che dal confine si lascia scorrere dai posti che stanno acquattati lungo il suo confine, così come l’avvenente Simonetta si mette a disposizione dei clienti di quell’albergo (non di tutti i clienti, solo di quelli che le sembra abbiano un certo fascino, come nel caso del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi).
Ma in che cosa consiste il fascino che Simonetta avverte nei confronti del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi? nel fatto di ciò che l’incontro espande in due momenti diversi: segmentizzazione e puntualizzazione. Vale a dire nella perfetta realizzazione della condanna a morte del meticcio italiano che scorre la terra.
Dopo che la Svizzera è stata trascorsa dai meticci italiani, la Svizzera è stata decameronizzata, vale a dire ha imparato a fregare chi le capita a tiro, a metterlo in burla, a fargli provare forti emozioni, a raggirarlo e poi a presentargli il salatissimo conto finale (come in una novella del Decameron rabberciata da un qualunque follower del meticcio italiano Boccaccio su un qualunque social network. Come a dire: “Beccati questa bella boccacciata dove meno te l’aspetti. Tiè!”).
Un meticcio non sa niente della terra. Un meticcio non abita la terra. Un meticcio ha uno spazietto dove stare, dove nascondersi. È quello che vediamo che fa il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi quando si rincantuccia nel piccolo letto messo a sua disposizione nel grande castello con il nome di Stanza dell’Imperatore.
Quando scorreva la terra svizzera, quel meticcio italiano era a suo agio; ma adesso sono frollature acide, disquisizioni su frollatura e putrefazione, come abbiamo subito sentito proferire nel momento in cui quel meticcio italiano era stato introdotto nella cucina del castello, dopo che quel meticcio italiano era stato bloccato, a causa di una panne. Noi vediamo il nostro meticcio italiano che si rincantuccia, si nasconde, fa fatica a coprire tutto quanto il suo piccolo maldestro ingombrante corpo malfatto di meticcio italiano in quella stanza di un castello costruito chissà quando, chissà da chi, da meticci, sopra la terra svizzera.
È cosa disgustosa, un meticcio. Un meticcio italiano è cosa mille volte più disgustosa. Ma ogni meticcio è una cosa che dovrebbe essere soppressa.
Die Panne è il racconto scritto dal punto di vista di colui che abita la terra; La più bella serata della mia vita è il film composto da coloro che scorrono la terra.
Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi si tuffa nel lettuccio, si sistema a malapena le coperte e poi il sogno striscia lungo su sopra di lui come una tela di ragno. Un sogno chiaro, limpido, non qualcosa che chiama in gioco il meccanismo del sogno (come potrebbe essere, che so, Et drömspel di Strindberg nel progetto di Artaud), ma un sogno e basta, un sogno degno di un meticcio italiano che ha mangiato, pisciato e bevuto a volontà: un sogno che comprende una bella figa, una fica (che Dio tutta calda la benedica), una fessa, una fessurina sbirciata appena dalla fessura di una porta, una patatina, una topa, una santa bernardina che lo chiama, lo fa ritto, lo fa rizzare ritto in piedi, dalla bianca braghetta del letto, nella bianca braghetta della sua camicia da notte, appoggiare e strusciare a volontà – lui meticcio di italiano.
Se il processo aveva condannato a morte il meticcio italiano, il sogno esegue la condanna. Alfredo Traps non aveva avuto il tempo di sognare, essendosi ucciso poco dopo essere entrato in camera, completamente ubriaco. Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi ha smaltito sua sbornia con solitaria pisciata ne la stalla; non ha bisogno di uccidersi, trascinando da solo la sedia in mezzo a la stanza come il povero Alfredo (Traps), perché viene condotto in pompa magna al patibolo, non per impiccagione, ma per decapitazione.
Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi deve essere steso in orizzontale in su la terra che, in quanto meticcio italiano, trascorreva e offendeva con moto orizzontale soltanto con suo trascorrere (un meticcio offende sempre la terra), deve essere steso orizzontalmente in modo da neutralizzare il movimento orizzontale che egli aveva esercitato in su la terra: al mostro deve essere separata la testa dal busto con un colpo dall’alto.
Un meticcio violenta la terra. Dal meticcio ci si difende separandogli la testa dal busto. Come questo film mostra e dovrebbe insegnare.
La testa che deve essere separata dal tronco è nient’altro che la borsa vuota che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi trasportava dall’Italia alla Svizzera (vuota nel tragitto Italia-Svizzera; piena nel tragitto Svizzera-Banca Svizzera). Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi che viaggia dalla maledetta Italia alla Svizzera con la borsa vuota è una caricatura del tema folklorico del Cacciatore selvaggio che percorre la terra portando la sua testa recisa sotto il braccio nel tempo in cui gli è dato di ritornare a percorrere quegli isolati segmenti di terra. Questo perché un meticcio italiano può solo mettere in ridicolo ciò che trova, questo perché un meticcio italiano non crea niente.
Alfredo Traps è arrestato dal colpo verticale che, in Die Panne aveva il suono (di quinta vuota?) di fulmine divino, e da cui si riscattava, poi, impiccandosi, appendendosi in verticale, cioè rispondendo, con movimento opposto, al fulmine che gli era stato lanciato dall’alto. Ma nella realtà presentata da questo film le cose vanno diversamente: il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi si sveglia con la sua testa tutta bella intera sul collo. Scopre che il castello è un albergo. Deve pagare 524.000 lire (vecchie lire dei meticci italiani). I soldi non gli mancano, e quindi paga.
Entrare nella terra ferita vuole dire, avendo a che fare con il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, entrare nella terra inquinata dallo scorrere la terra da parte del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi. Il meticcio inquina la terra. La terra ferita è la terra inquinata dal meticcio italiano, cioè la porzione di terra che deve essere ritagliata nella terra per costruire il patibolo del meticcio italiano (affinché il meticcio italiano smetta, una volta per tutte, di scorrere la terra). Che è appunto il cantiere aperto che noi vediamo in questo film, dove il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi la prima volta si ferma, e la seconda volta riceve la giusta condanna a morte. Infatti il tempo della condanna a morte è il tempo della lettura del racconto di Friedrich Dürrenmatt. La lettura chiama l’arte di leggere, altrimenti leggere non serve a niente. La porzione di terra adibita a patibolo del meticcio che scorre la terra non diventerà mai più terra per coloro che abitano la terra, cioè terra come era la terra prima che il meticciato trovasse il modo di scorrere la terra. In questo è la questione della terra ferita. Il meticcio sporca la terra, la inquina e non la rende mai più terra abitabile. Il meticcio può essere soppresso, come dimostra questo film, ma la bellezza del mondo, che c’era prima che il meticcio avesse modo di scorrere la terra, non potrà mai più essere restituita nel mondo. Il meticcio italiano è quella cosa che non avrebbe mai avuto diritto di comparire nel mondo. Noi non siamo più in tempo per togliere la vita a questo meticcio, ma possiamo fare in modo di impedire a questa forma di comparire nel mondo.
Infatti il caso nell’arte narrativa di Friedrich Dürrenmatt ha la funzione di quinta vuota. Il film La più bella serata della mia vita recepisce in pieno la nozione di quinta vuota, ma mette in scena le quinte vuote come spazio teatrale ai lati del palcoscenico, lasciato penzolante. È ciò che vediamo quando la motociclista trasporta il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi dalla sua camera nel castello al patibolo nel cortile del castello.
La motociclista si pone come la mediante assente in un accordo di quinta vuota.
Nel mondo decameronizzato dalla sua razza (i meticci italiani), dove ognuno frega la persona che gli capita a tiro, cioè nella legge che il meticcio italiano ha imposto in tutto il mondo, il meticcio italiano non può dire niente. È la legge che egli stesso, in quanto meticcio italiano, bene orgoglioso di essere meticcio italiano, ha fatto valere in tutto il mondo: quindi, da bravo meticcio italiano… il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi che cosa fa? salda, sfotte e fa fagotto.
Ma non è qui che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi diventa lo zimbello degli autori del film (a loro volta meticci italiani)?
Si è più volte detto che gli autori di questo film sono meticci italiani. Certo, ma che cosa succede nei punti vuoti?
Il personaggio di Simonetta si presenta in due modalità antitetiche: segmentale come motociclista, quando si fa inseguire per condurre il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi al punto della panne, prima, e al punto del precipizio, dopo; puntuale come cameriera, quando, radicata nel castello, non solo provvede alla grande cena del giudizio, ma soprattutto fa in modo che il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi si fermi a cena, in modo da avviare il processo e arrivare alla sentenza di morte, che porrà il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi in balia della motociclista (quindi la motociclista si conferma come punto attorno a quale lo spettacolo ruota). Il fatto di seguire la motociclista non è sufficiente per finire nel precipizio; porta soltanto ad una panne. Il salto nel vuoto avviene solo dopo che la sentenza di morte è stata emessa e consegnata, poiché solo quella sentenza provocherà il salto nel vuoto – anche se nella forma di bloccare il pedale del freno. (Chiaro, no?)
Eppure la sentenza di morte individuale non è sufficiente a bloccare il male che sta invadendo la Svizzera, almeno dai posti vicini, come dalla maledetta Italia.
Alla domanda perché non sia venuta di notte nella stanza, come d’accordo, da parte del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi, Simonetta risponde: “Sono venuta, ma lei non c’era!” Dove era andato, il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi? Presumibilmente era in sella alla moto diretto al patibolo nel cortile del castello. Abbiamo in pratica due storie: la storia dell’inseguimento della motociclista da parte del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi (Storia 1), la storia del processo nel castello (Storia 2) istituito nei confronti del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi. Le due storie procedono in parallelo, senza darsi fastidio, ma la Storia 1 esegue delle intromissioni nella Storia 2. La vicenda di Simonetta cameriera, che entra nella camera dell’ospite, quando Simonetta motociclista stava conducendo l’ospite al patibolo, è appunto una di queste intromissioni – è l’intromissione nell’universo del multiverso.
Questo contrappunto fra due storie non è assolutamente presente nel racconto di Friedrich Dürrenmatt, che semmai deve essere dipanato a partire dalla strana denominazione “Parte prima” e “Parte seconda”.
Il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi è atteso due volte nel punto in cui (nel film) or convien che per lui suoni la panne: la prima volta quando la sua potente macchina (Maserati color aragosta) si blocca, a causa appunto di una panne; la seconda volta quando l’astuccio contenente la sua condanna a morte si incastra per un (fortunato) caso sotto il pedale del freno, impedendone il funzionamento nel momento in cui il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi voleva frenare per impedire la sua caduta nel vuoto. Il tempo fra i due movimenti è il tempo di rilettura del racconto Die Panne, vale a dire il tempo che permette di passare dal racconto Die Panne di Friedrich Dürrenmatt al soggetto del film La più bella serata della mia vita di Ettore Scola, che è ciò che permette di passare da un popolo che abita la terra ad un gruppo che, partendo da un luogo confinante con la Svizzera, deve giustificare la sua presenza al di sopra di quella terra; terra che, per il meticcio italiano è solo terra da scorrere. Vediamo un modo diverso di dire la stessa cosa, ma vediamo un modo di dire una cosa che non si sarebbe mai pensato di dover dire.
Ma bisogna dire che questo tempo passato in una rilettura ha più che dato i suoi frutti. In quale modo? Ve ne accorgerete tra poco.
Vale a dire il tempo che ha impiegato il meticcio italiano a percorrere quello spazio, cioè quel tempo che equivale allo spazio della decameronizzazione del racconto. Il colpo che inchioda il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi è lo stesso che ha inchiodato il movimento a serpentina che l’esercito romano di meticci inviato da Roma a invadere la Germania (terra di razza bianca) si è trovato a compiere a sua disfatta nella terra durante l’invasione bloccata da Arminio, trovandosi insaccato in un punto morto, senza via d’uscita (così come un punto morto è il punto in cui il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi si trova bloccato per ben due volte nel film di cui si sta amabilmente così tanto discorrendo. Fateci caso, vedrete che il meccanismo è lo stesso). Il ripensamento del fatto storico della “Battaglia di Arminio” è ciò che è stato indicato come una delle possibili origini della leggenda di Sigurðr fafnisbani: il movimento dell’esercito romano sopra la terra germanica, colto da un drone, ha lo strisciare del serpente. Sigurðr scava una fossa nel punto della traiettoria che sa essere percorsa dal serpente (antico nordico: ormr) Fafnir e quando il mostro striscia sopra la fossa su cui egli è disteso, Sigurðr lo colpisce con un colpo di spada vibrato dal basso verso l’alto. La prima volta è un sogno, la seconda volta è un salto nel vuoto. L’avvenente Simonetta è la húsfreyja di quella terra, che è l’ultima casa accogliente per la razza bianca, così come è la prima trappola destinata a ogni meticcio che scorre quella terra. Noi non sappiamo se solo un meticcio italiano, come il meticcio italiano Alfredo Rossi/Albero Sordi, possa confondere una húsfreyja con una puttana. Stando a questo film di meticci italiani, solo per un meticcio italiano una húsfreyja può fare finta di essere una puttana allo scopo di farsi seguire docilmente e portarlo al punto in cui il meticcio italiano è raggiunto da ciò che gli compete: la condanna a morte, in quanto meticcio italiano. Quello che è bello è che noi sappiano che un meticcio italiano è un meticcio italiano che deve essere raggiunto dalla sua condanna a morte. Infatti la differenza tra racconto e film è giocata proprio qui sopra: Alfredo Traps riceve la condanna a morte in quanto individuo: il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi riceve la condanna a morte in quanto vita indegna di vivere (da qui lo sdoppiamento della figura del boia nel film, mentre il boia del racconto era una figura estremamente semplice, come del resto le altre tre figure dei giudici, che non avevano bisogno di sdoppiamento alcuno). Noi vediamo il corpo del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi sistemato per la decapitazione; noi non vediamo la carcassa decapitata del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi. Il racconto non si difendeva dalla razza che scorreva la terra, come invece sembra dovere fare il film. Da qui la chiamata in causa del meticciato italiano lungo tutto il film.
Sia chiaro: su quello che dicono gli italiani ci cago sopra. Tutti noi sappiamo che il meticcio italiano meritava la stessa sorte toccata a zingari ed ebrei: carro bestiame e canna fumaria. Per il resto non ho assolutamente niente contro gli italiani, purché prendano il loro Dante di merda e se ne tornino in Africa, da dove vengono.
Su quello che dicono gli italiani, Dante o non Dante, ribadisco che ci cago sopra.
Sì, però bisogna ribadire la questione di partenza: perché al meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi viene tirato il triste gambino italiano? Si comprende il motivo per cui Alfredo Traps si toglie la vita nel racconto Die Panne; ma non si comprende il motivo per cui il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi debba morire alla fine di questo film di sì gagliardi meticci italiani (film di meticci italiani, ricordo – nel caso qualcuno di lor signori lo avesse dimenticato).
Il tema “Vita indegna di vivere” fa a pugni con l’ideologia umanistica. Friedrich Dürrenmatt ha fatto ricorso a forme brevi, racconti lunghi più che romanzi veri e propri. Romanzi di impianto novellistico e testi teatrali perché un tale tema poteva essere trattato solo a livello novellistico, cioè in forma ristretta quanto distretta. Trattarlo in una vera forma epica avrebbe voluto dire attaccare l’ideologia umanistica, cosa che egli non ha mai inteso fare. Solo una grande opera epica potrebbe affrontare il tema della vita indegna di vivere con la profondità che merita, vale a dire sganciandolo dal caso, e presentando invece la necessità della sua comparsa nel mondo. Friedrich Dürrenmatt ha volutamente fatto ricorso a forme brevi, dove il tema “vita indegna di vivere” poteva entrare solo come caso; evitando la grande forma epica, dove il tema “vita indegna di vivere” sarebbe entrato non come caso, ma come necessità.
La “storia ancora possibile” (evocata nel racconto La panne) si determina grazie all’intervento del caso (il guasto meccanico che blocca la potente macchina di Alfredo Traps). Questa possibilità (vita indegna di vivere) viene vista possibile solo all’interno di un caso, facile da smentire, una cosa bizzarra, una novella, non certo un’opera collettiva che comprende tutto uno sforzo epico.
Il racconto Die Panne affronta il discorso della razza in quanto richiamo possibile al pericolo che sta correndo la lingua in quanto tesoro della razza in via di estinzione, ma niente di più [https://www.terradellasera.com/nord/letteratura/friedrich-durrenmatt-la-panne.html]; il film La più bella serata della mia vita presenta il pericolo che corre la terra ad opera del meticciato che scorre la terra, ma in più, a sorpresa, propone la difesa: la soppressione del meticciato tramite la condanna a morte, che però non deve più essere una semplice sentenza di morte emessa in una sala da pranzo al termine di un più che lauto banchetto tra un ospite, un padrone di casa ed alcuni amici, ma deve suonare come autorizzazione di genocidio in ciò che unisce interno (cioè punto dove agisce Simonetta come cameriera – e dove il tribunale si riunisce in quanto ciò che difende la terra e stabilisce la condanna) ed esterno (il segmento di terra che percorre Simonetta come motociclista in quanto spazio di terra offeso dallo scorrere la terra da parte del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi per eseguire la condanna). Vale a dire ciò che conferma la difesa della terra.
Tanto Alfred Ill (ne La visita della vecchia signora, 1955), quanto Alfredo Traps (ne La panne, 1956) ricevono una condanna a morte: diretta per il primo (la vecchia signora è infatti disposta a pagare un miliardo se qualcuno lo ucciderà); indiretta per il secondo (Traps si convince di meritare la morte per il suo modo di avere agito). Questo è appunto il tema del “povero Alfredo”.
Alfred Ill aveva distrutto una vita per salvarsi senza pensare alle conseguenze del suo gesto. “Alfredo” è qui colui che viene portato da una forza sconosciuta a fare quello che, concretamente, non avrebbe mai voluto fare. Alfred Ill non prende il treno alla fine del secondo atto perché è convinto che qualcuno lo avrebbe fermato, Alfredo Traps si impicca perché è convinto sia giusto fare così. Per entrambi gli Alfredi è presente la stessa forza che li spinge a fare qualcosa indipendentemente dalla volontà.
Solo un motivo (penso io) determina la necessità della morte del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi – motivo che a me fa anche molto piacere. Per come la penso io, che cosa devono fare gli italiani? nient’altro che prendere il loro Dante di merda e tornarsene in Africa, da dove vengono.
Dal personaggio Alfred Ill (La visita della vecchia signora) al personaggio Alfredo Traps (La panne) c’è il film La più bella serata della mia vita, che crea il personaggio del meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi. (E, porca madonna, se quei meticci italiani ci hanno azzeccato!)
Tutto questo scaffale mi è venuto in mente pensando ad una delle cose più ignobili che troviamo a disposizione sugli scaffali delle nostre meticce librerie, grandi o piccole che siano: il piccolo Decameron del meticcio italiano Umberto Boccaccio (mi correggo… Giovanni Boccaccio; quello era solo un estremo falso, un Eco, un rimbombo giuntomi chissà da quando, da dove, sempre sgradevole in quella testa che se lo trova a inseguire, acchiappare e poi – si spera – spiaccicare).
A proposito di testa: nessuno mi toglie appunto dalla testa che nel film La più bella serata della mia vita il meticcio italiano Alfredo Rossi/Alberto Sordi sia stato giustamente condannato a morte in quanto… vita indegna di vivere dai suoi stessi compaesani, tutti quanti festosi meticci italiani, che hanno cominciato a capire di essere vita indegna di vivere. (A me fa piacere pensare sia stato proprio ma proprio così. Voi che ne pensate?)
Cosa ne penso io?
Cosa ne penso io? io scrivente, io eresiarca e mio eresiologo, perfido fabbro del paterno discorrere, sorrido intanto su le imagini che noi tutti ricordiamo de le carrozze che portavano via le carcasse degli italiani, e rimango in attesa di risposte a la mia domanda.
Eppure avevo in mente un altro finale, che è diverso da questo… Ah sì, eccolo qui: “su ciò che è italiano, carcassa o non carcassa, ci cago sopra. Su tutto ciò che è italiano, nella forma di ciò che è italiano vivente o è italiano nello stadio di carcassa, ci cago sopra.” Questo non dovrebbe più lasciare dubbi su come la penso.

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