Terra fantasma

«In no other country [come in Italia] is “north” a more unstable descriptor, shifting and flickering, defined and redefined minutely, almost by kilometre by kilometre, the length of the peninsula. In Lucca in Tuscany they refer to the northern suburbs as “Germany”, the southern suburbs as “Africa”.»
P. Davidson, The Idea of North, Reaktion Books, London 2007, p. 9.

È strano, ma interessante, questo bisogno continuo di localizzare un nord e un sud a partire da un punto, come se tutto il resto del paese non esistesse, non fosse compreso entro confini precisi, e come se ogni punto diventasse un punto reale solo grazie alla possibilità di stabilire autonomamente un proprio nord e un proprio sud, quasi a richiamare la teoria dei numeri irrazionali secondo Dedekind, che esistono solo come punto d’incontro tra due serie: come se lo stesso paese non potesse essere determinato, quasi l’Italia non fosse un paese unitario, cioè un terra su cui posare un orizzonte verso nord e verso sud, ma scivolasse verso una continua determinazione della sua posizione spaziale, quasi che l’Italia intera non fosse una terra.
L’Italia infatti non è una terra in cui un popolo possa posare un proprio orizzonte verso nord e un proprio orizzonte verso sud. Quello che dovrebbe essere un territorio nazionale, frutto di una comune percezione dello spazio geografico e mitico, è invece dissolto in una visione a livello di città, che non si integra nell’insieme e lo respinge beffardamente. È una terra che frana sotto i piedi del popolo che illusoriamente l’abita, ed è soprattutto una terra che non è una terra.

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