L’ansia revisionistica

Il revisionismo sembra afflitto da una specie di ansia consistente nel voler dimostrare che i nazisti non hanno commesso i genocidi di cui comunemente li si accusa. Forse anche nell’ambiente variegato della destra si tende sempre più a vedere i nazisti come bravi ragazzi di un lontano tempo da poco passato. Probabilmente, è una tendenza dovuta ai brutti tempi. Brutti tempi che spingono verso una democratizzazione generale delle idee.
Il nazismo ha avuto l’importanza di parlare apertamente di razze inferiori e di razze superiori e di costruire un sistema ideologico e politico fondato su questa divisione. Per la prima volta il concetto cristiano di uguaglianza se la passava male. Il nazismo è stato un fenomeno contraddittorio, ma in qualcosa ha invertito una tendenza, individuando dove ancora poteva essere possibile una rivolta contro i pregiudizi del mondo moderno. Da qui l’altra domanda: chi vuole veramente opporsi, oggi, a questi pregiudizi? Infatti la questione si poneva, allora, in un modo irrecuperabile per l’oggi. Questa questione suona: che cosa fare delle razze inferiori? Una cosa o l’altra poteva essere fatta. Irrecuperabile? Se non nella pratica, almeno nel pensiero se ne dovrebbe tentare il recupero. Per la prima volta il cristianesimo sembrava non avere più l’importanza ideologica di sempre nelle lande dell’Occidente. Secondo il modo di pensare comune, spetta all’ideologia di sinistra la fama di pensiero d’opposizione al cristianesimo. La verità storica può segnalare le battaglie intraprese dai vari stati socialisti per affossare il cristianesimo. Ma il socialismo si basa sullo stesso principio del cristianesimo: l’uguaglianza. Il nazismo rimuoveva alla base questo principio.
Luca Leonello Rimbotti ha scritto un libro interessante sulle caratteristiche del nazismo. Caratteristiche affrontate da un punto di vista del tutto anticonformista: Il mito al potere (Edizioni Il Settimo Sigillo, Roma 1992). Il sottotitolo ha caratteristiche ancora più moleste: Le origini pagane del nazionalsocialismo. Il revisionismo parte dal principio di stabilire la verità storica. Si può dire, in fin dei conti, che sia una cosa tanto importante, la verità storica? Si ha il sospetto che questo mirare a una verità storica obiettiva nasconda una diffusa timidezza: assolvere per non schierarsi. Se il rischio fosse di perdere di vista quello che il nazismo ha rappresentato di nuovo radicalmente? Forse l’importante non è stabilire che cosa il nazismo abbia o non abbia fatto, quanto accettare quello che sarebbe stato possibile fare a partire da una ideologia come l’ideologia nazista. Alla verità storica bisognerebbe allora accostare il vertice del “verosimile” come categoria che qualunque storia porta sempre con sé e valutare non solo in base a quello che si è stati capaci di fare, ma anche in base a quello che non si è stati in grado di fare, ma che giaceva come un sogno appena sbocciato nelle lagune del progetto.

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