Superuomo e postmoderno

La narrativa postmoderna rappresenta una scollatura del rapporto tra il soggetto e gli infiniti oggetti del mondo tutti ormai a sua disposizione. Il soggetto non si riconosce più come superuomo in quanto esponete della compiuta manifestazione dell’epoca della metafisica, e fa un balzo indietro rispetto a quanto formulato in proposito da Nietzsche.
Nietzsche aveva individuato nel superuomo l’esponente della compiuta manifestazione dell’epoca della metafisica.
Ma come portare a rappresentazione il dominio effettivo del mondo? E, a livello di letteratura, come rappresentare la realizzazione del dominio effettivo del mondo? Gli appunti, risalenti al 1888, sui nuovi futuri padroni del mondo, stesi da Nietzsche, sono ancora tutti da pensare – perché, troppo velocemente, sono stati liquidati come argomenti che non meritano di essere pensati. Ma forse, per quanto poco considerati, danno vita a un qualcosa, ancora non considerato, nel campo della sotto-letteratura e del cinema. Ma da proprio da questi campi, sotto-letteratura e cinema, si fa vivo il postmoderno.
Ogni frase, scritta nell’epoca del compimento della metafisica, porta con sé il paradiso, porta con sé l’inferno.
L’ipotesi del superuomo di Nietzsche andrebbe articolata secondo due possibilità:
1) l’ipotesi del superuomo vero e proprio (con esito verso un pensiero disantropomorfizzante);
2) l’ipotesi dei futuri padroni del mondo (con esito verso il ripescaggio di un pensiero antropomorfizzante di tipo tardo-romantico).
Il postmoderno presenta una narrativa dell’epoca della compiuta realizzazione della metafisica attraverso l’esclusione dell’ipotesi del superuomo. Così qualunque soggetto è un soggetto in balia della totalità degli oggetti del mondo, ma tutti a sua completa disposizione. È in questo bilanciamento ciò che porta alla biforcazione del caso Italia e del caso Giappone.
Per quanto riguarda la possibilità di una narrativa basata sul superuomo (come esponente dell’epoca della compiuta manifestazione della metafisica), l’Italia ha mostrato le due possibilità antitetiche: la narrativa di Gabriele d’Annunzio, nella quale il superuomo era tutt’uno con il protagonista (Il Fuoco); la narrativa di Umberto Eco, nella quale il superuomo non è considerato come ipotesi degna di attenzione, e il romanzo può sorgere, appunto, grazie alla negazione concreta del superuomo.
Nel romanzo postmoderno ogni cosa del mondo, compresa la stessa letteratura, diventa qualcosa simile a un parco giochi; diventa la stesura letteraria di un video-game, e anche la stesura letteraria di un gioco di ruolo. Il postmoderno è una sosta confortevole, la sosta nel luogo in cui si atterra alla fine del balzo che porta – adesso – a situarsi nel luogo prima della formulazione della teoria di Nietzsche circa il superuomo.
Per avere una reale contrapposizione a questo “caso Italia”, è necessario ricorrere, ancora una volta, al “caso Giappone”.
La questione che così viene posta al romanzo, è del tipo: “Se il romanzo è storiografia, di che cosa si fa allora storiografo il romanziere? ”
L’odiosa ideologia “buonista”, che il postmoderno ha rappresentato tramite i romanzi di Umberto Eco, non è l’unica manifestazione della narrativa postmoderna. La narrativa di Murakami Haruki ne ha infatti presentato tutta un’altra possibile forma. Ugualmente detestabile. Così, in Giappone il postmoderno ha dato origine a una geometria del caos e a una parallela geometria del caso; mentre ha dato origine, nella maledetta Italia dalla tormentata anima massonico-risorgimentale, a un impegno sociale, centrato sulla infinita e nascosta predica buonistica. La differenza può consistere in ciò che fa del Giappone il più grande produttore di golem del pianeta, secondo le parole di Miguel Serrano, e che invece ripiega l’Italia in un ridicolo progetto di mobilitazione globale dal fine vagamente utopistico e rosato, progetto che mette in berlina il grande senso di colpa che lo anima e lo istupidisce.
Ma si tratta sempre di tutta la stessa forma che, di soppiatto, mette le mani in tasca per borseggiare.
Il Giappone si pone come il più grande produttore di golem del pianeta. Il più grande produttore di prodotti che sporcano il mondo. Prodotti fatti per giocare, come quelli che provengono dagli Stati Uniti. Il cinema prima di tutto. Prodotti fatti per non pensare. L’Italia si pone su tutto un altro piano della replicazione golemica: spassionata dichiarazione di adesione alla propria malinconica ideologia in quanto unica ideologia delle diverse ideologie del passato. Ma ideologia del senso di colpa, prima di tutto. Nella Terra della Sera, quanto sbandierato dalla maledetta Italia è solo lo straccio di ciò che rimane delle ideologie cristiano-ebraico-socialiste, straccio a brandelli in un mondo senza vento.
La differenza è che il Giappone è l’artefice della replicazione golemica che sporca il mondo, mentre l’Italia è la sporcizia stessa della replicazione golemica, ma ad arte creata apposta per ripulire la propria coscienza – mai affrontata da uno sguardo non compiacente.
Il postmoderno è la ricaduta verso una antropomorfizzazione di tipo tardo-romantico.
Al di fuori del postmoderno, l’aspetto più emblematico verso cui il pensiero può essere condotto è quello che ne permette l’articolazione in termini del tutto disantropomorfizzanti. Si avrebbe così un pensiero la cui caratteristica fondamentale sarebbe – appunto – la disantropomorfizzazione a livelli attualmente inimmaginabili. Questo pensiero sarebbe il pensiero più adatto per la nostra epoca.

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